Nonostante tutto, la storia è un itinerario di salvezza
Ci saranno segni nel sole, nella luna, nelle stelle. Il vangelo di Luca oggi non vuole raccontare la fine del mondo, ma il mistero del mondo; ci prende per mano, ci porta fuori dalla porta di casa, a guardare in alto, a percepire il cosmo pulsare attorno a noi, immensa vita che patisce, soffre, si contorce come una partoriente (Is13,8), ma per produrre vita. Ad ogni descrizione drammatica, segue un punto di rottura, un tornante che apre l'orizzonte, lo sfondamento della speranza e tutto cambia: ma voi risollevatevi e alzate il capo, la liberazione è vicina. Anche nel caos della storia e nelle tempeste dell'esistenza, il vento di Dio è sopra il mio veliero. State attenti a voi stessi, che il cuore non diventi pesante! Verrà un momento in cui ci sentiremo col cuore pesante. Ho provato anch'io il morso dello sconforto, per me e per il mondo, ma non gli permetterò più di sedersi alla mia tavola e di mangiare nel mio piatto. Perché fin dentro i muscoli e le ossa io so una cosa: che non può esserci disperazione finché custodisco la testarda fedeltà all'idea che la storia è, nonostante tutte le smentite, un processo di salvezza. Il dono dell'Avvento è un cuore leggero come la fiducia, quanto la speranza; non la leggerezza della piuma sbattuta dal vento, ma quella dell'uccello che fende l'aria e si serve del vento per andare più lontano. E poi un cuore attento, che legga la storia come un grembo di nascite: questo mondo porta un altro mondo nel grembo, un sogno da trasformare in vita, perché non si ammali. Vivete con attenzione, state attenti alle piccole enormi cose della vita. Scrive Etty Hillesum dal campo di sterminio: «Esisterà pur sempre anche qui un pezzetto di cielo che si potrà guardare, e abbastanza spazio dentro di me per poter congiungere le mani nella preghiera». I Vangeli d'Avvento usano questo doppio registro: fanno levare il capo verso le cose ultime, verso Colui-che-si-fa-vicino, e poi abbassare gli occhi verso le cose di qui, dentro e attorno a noi. Lo fanno per aiutarci a vivere attenti, ad abitare la terra con passo leggero, custodi dei giorni e pellegrini dell'eterno, guardando negli occhi le creature e fissando gli abissi del cosmo, attenti al venire di Dio e al cuore che si fa stanco. Pronti ad un abbraccio che lo alleggerisca di nuovo, e lo renda potente e leggero come un germoglio. Avvento: la vita è non è una costruzione solida, precisa, finita, ma è una realtà germinante (R. Guardini), fatta anche e soprattutto di germogli, a cui non ti puoi aggrappare, che non ti possono dare sicurezze, ma che regalano un sapore di nascite e di primavera, il profumo della bambina speranza (Péguy).
Esperienza “Vangelo nelle case”
Inizia anche nella nostra parrocchia l’ascolto della Parola di Dio nelle famiglie con due gruppi che si ritrovano nella famiglia di Stocco Loris e nella famiglia di Baggio Renato. Nel periodo di Avvento ci saranno due incontri: martedì 27/11 e 18/12 alle ore 20.30. La bellezza di questa esperienza consiste nella possibilità di poter conoscere Gesù attraverso l’approfondimento del Vangelo di Marco e di condividere con chi partecipa quanto la Parola suggerisce. In questo clima di fraternità spirituale l’augurio è che si possa aprire il cuore ad altre persone lontane dalla fede e aiutarle a conoscere quel Gesù che ha conquistato il nostro cuore.
Vi aspettiamo in molti a condivide questa esperienza di fede. Moderatori di questi due gruppi saranno Pia Mazzocca e Lucietti Sonia.
Iniziative dell'Avvento
Il Tempo di Avvento ha una doppia caratteristica: è tempo di preparazione alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all'attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi. In questo tempo di preparazione al Natale punteremo la nostra attenzione sull’ascolto della Parola di Dio attraverso l’esperienza “Vangelo nelle case” e sull’esercizio della carità verso le persone più povere. Al centro della chiesa la cassetta per l’iniziativa “ un posto a tavola” e nella cesta della carità si potranno portare prodotti a lunga conservazione. La prossima domenica raccoglieremo per le famiglie bisognose del nostro territorio olio, tonno, farina ...
Pellegrinaggio nell'Armenia biblica
Dal 4 al 12/6/2019. 5 buoni motivi per partecipare: 1. l’Armenia è un paese da poco aperto al turismo, dove il turista è accolto come un Ospite; 2. è un paese antichissimo, ricco di storia e cultura, ma ancora da scoprire benché sia spesso definito “un Museo all’aria aperta”; 3. è il Paese che accolse gli insegnamenti di Gesù fin dalla predicazione degli apostoli Giuda Taddeo e Bartolomeo; 4. è il Paese ove lo splendore della Fede si manifesta nelle cattedrali e nelle chiese della capitale Erevan e nei Monasteri diffusi in tutto il territorio; 5. è il Paese dal quale si ritorna arricchiti culturalmente, spiritualmente ed anche umanamente, per il calore del suo popolo, ospitale, colto, umile ma fiero ed orgoglioso. Il programma è disponibile in sacrestia a Riese e sul sito parrocchiale.
Attendiamo prenotazioni in canonica a Riese entro Natale, con un acconto di € 100.
Un nuovo regno, dove il più potente è colui che serve
Osserviamo la scena: due poteri uno di fronte all'altro; Pilato e il potere inesorabile dell'impero; Gesù, un giovane uomo disarmato e prigioniero. Pilato, onnipotente in Gerusalemme, ha paura; ed è per paura che consegnerà Gesù alla morte, contro la sua stessa convinzione: non trovo in lui motivo di condanna. Con Gesù invece arriva un'aria di libertà e di fierezza, lui non si è mai fatto comprare da nessuno, mai condizionare. Chi dei due è più potente? Chi è più libero, chi è più uomo? Per due volte Pilato domanda: sei tu il re dei Giudei? Tu sei re? Cerca di capire chi ha davanti, quel Galileo che non lascia indifferente nessuno in città, che il sinedrio odia con tutte le sue forze e che vuole eliminare. Possibile che sia un pericolo per Roma? Gesù risponde con una domanda: è il tuo pensiero o il pensiero di altri? Come se gli dicesse: guardati dentro, Pilato. Sei un uomo libero o sei manipolato? E cerca di portare Pilato su di un'altra sfera: il mio regno non è di questo mondo. Ci sono due mondi, io sono dell'altro. Che è differente, è ad un'altra latitudine del cuore. Il tuo palazzo è circondato di soldati, il tuo potere ha un'anima di violenza e di guerra, perché i regni di quaggiù, si combattono. Il potere di quaggiù si nutre di violenza e produce morte. Il mio mondo è quello dell'amore e del servizio che producono vita. Per i regni di quaggiù, per il cuore di quaggiù, l'essenziale è vincere, nel mio Regno il più grande è colui che serve. Gesù non ha mai assoldato mercenari o arruolato eserciti, non è mai entrato nei palazzi dei potenti, se non da prigioniero. Metti via la spada ha detto a Pietro, altrimenti avrà ragione sempre il più forte, il più violento, il più armato, il più crudele. La parola di Gesù è vera proprio perché disarmata, non ha altra forza che la sua luce. La potenza di Gesù è di essere privo di potenza, nudo, povero. La sua regalità è di essere il più umano, il più ricco in umanità, il volto alto dell'uomo, che è un amore diventato visibile. Sono venuto per rendere testimonianza alla verità. Gli dice Pilato: che cos'è la verità? La verità non è qualcosa che si ha, ma qualcosa che si è. Pilato avrebbe dovuto formulare in altro modo la domanda: chi è la verità? È lì davanti, la verità, è quell'uomo in cui le parole più belle del mondo sono diventate carne e sangue, per questo sono vere. Venga il tuo Regno, noi preghiamo. Eppure il Regno è già venuto, è già qui come stella del mattino, ma verrà come un meriggio pieno di sole; è già venuto come granello di senapa e verrà come albero forte, colmo di nidi. È venuto come piccola luce sepolta, che io devo liberare perché diventi il mio destino.
Il Signore è vicino: vitale e nuovo come la primavera
L'universo è fragile nella sua grande bellezza: in quei giorni, il sole si oscurerà, la luna si spegnerà, le stelle cadranno dal cielo... Eppure non è questa l'ultima verità delle parole di Gesù: se ogni giorno c'è un mondo che muore, ogni giorno c'è anche un mondo che nasce, un germoglio che spunta, foglioline di fico che annunciano l'estate. Quante volte si è spento il sole, le stelle sono cadute a grappoli dal nostro cielo, lasciandoci vuoti, poveri, senza sogni: una disgrazia, una delusione, la morte di una persona cara, una sconfitta nell'amore. Fu necessario ripartire, un'infinita pazienza di ricominciare, guardare oltre l'inverno, all'estate che inizia con il quasi niente, una gemma su un ramo, guardare «alla speranza che viene a noi vestita di stracci perché le confezioniamo un abito da festa» (P. Ricoeur). Gesù non ama la paura (la sua umanissima pedagogia è semplice: non avere paura, non fare paura, liberare dalla paura), vuole raccontare non la fine ma il fine della storia: Dio è vicino, è qui; bello, vitale e nuovo come la primavera del cosmo. Dalla pianta di fico imparate: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Gesù ci porta alla scuola delle piante, del fico, del germoglio, perché le leggi dello spirito e le leggi profonde della creazione coincidono. Così un albero e le sue gemme diventano personaggi di una rivelazione. «Ogni essere vivente, ogni cosa, perfino il granello di polvere è un messaggio di Dio» (Laudato si'). Imparate dalla sapienza degli alberi: quando il ramo si fa tenero, l'intenerirsi del ramo lo puoi percepire toccando; l'ammorbidirsi per la linfa che riprende a gonfiare i suoi piccoli canali non è all'occhio che si rivela, ma al tatto: vai vicino, tocca con mano. I sensi sono il nostro radar per addentrarci nella sapienza del mondo. Toccate. Guardate. Anzi: contemplate. E spuntano le foglie: piccole gemme che l'albero spinge fuori, che erompono al sole e all'aria, come un minimo parto, da dentro a fuori. Voi capite che l'estate è vicina. In realtà le gemme indicano la primavera, che però in Palestina è brevissima, pochi giorni ed è subito estate. Così anche voi sappiate che egli è vicino, alle porte. Da una gemma di fico imparate il futuro del mondo: «che non compiuto così com'è, ma è qualcosa che deve svilupparsi ancora oltre, e che deve essere inteso più in profondità. Il mondo è una realtà germinante» (R. Guardini), incamminata verso una pienezza profumata di frutti. Da una gemma imparate il futuro di Dio: che sta alla porta, e bussa; viene non come un dito puntato, ma come un abbraccio; non portando un'accusa ma un germogliare di vita.
Il cammino Sinodale continua …
Come mai questo tempo non sapete valutarlo (Lc. 12,56).
Il cammino sinodale continua nei consigli pastorali parrocchiali e nei consigli di collaborazione attraverso un itinerario di discernimento comunitario che ci aiuterà a capire quanto lo Spirito Santo sta suggerendo alla Chiesa in questa epoca storica apparentemente arida sotto il profilo spirituale. Sicuramente il Padre, che ama i suoi figli, saprà stupirci con il suo progetto di salvezza. Ci aspettano due appuntamenti prima di Natale per tutti i membri del Consiglio Pastorale parrocchiale e per quanti desiderano aggiungersi a questa importante riflessione: · Giovedì 15/11 ore 20.30 in Canonica a Poggiana dove affronteremo il lavoro proposto dal primo sussidio preparato dal nostro vescovo; · Martedì 4/12 in Oratorio a Riese con tutti i Consigli Parrocchiali della Collaborazione Riese-Altivole sul tema del “Discernimento” dove interverrà don Sandro Dalle Fratte
Sabato 24/11: Ritiro adulti in preparazione Avvento
Organizziamo un ritiro per gli adulti presso la Casa Marina delle Dimesse a Cavallino Treporti (Ve). Catechesi del nostro parroco: “La tenerezza di Dio nell’incarnazione vista attraverso l’Arte”. S. Messa e pranzo nel centro.
Partenza ore 7.20 da Poggiana, 7.30 da Vallà - Rientro ore 16.30 Costo: € 35 con versamento di un quota di € 10,00. Disponibilità: 50 posti.
Iscrizioni fino al 18/11 per Vallà: Lucietti Sonia 3333625638, Didonè Valeria 3482601920, Sbeghen Assunta 3349949971, Marinetto Anna 0423746116 Per Poggiana: Deborah Ceron 3474773103, Bruna Cremasco 3339929965
Domenica 18/11: Giornata mondiale del povero
Anche quest’anno la Caritas inter-parrocchiale propone l’iniziativa: “Scambio della cena”. Nel mondo più di due terzi della popolazione vive mangiando l’equivalente di 100 grammi di riso al giorno. La Caritas ha pensato di proporre una forma di solidarietà che permette di sensibilizzarci rispetto al resto dell’umanità, ossia a tutti i cristiani di Vallà e Poggiana si propone l’iniziativa dello “scambio della cena”. Per un giorno cioè mangiare solo 100 grammi di riso a testa procurati presso le proprie parrocchie sabato 17 e domenica 18 Novembre in occasione delle messe offrendo il corrispondente che normalmente si spenderebbe per una cena normale. Il ricavato andrà a sostenere un progetto di carità: aiuta un bambino a frequentare la scuola dell’infanzia. Ci sono infatti bambini che non possono frequentare l’asilo perché le famiglie hanno scarse disponibilità economiche.
L’amore in perdita, senza calcoli, della vedova povera
Marco 12, 38-44
Il brano è costruito come una contrapposizione tra gli scribi, i teologi ufficiali potenti e temuti, e una donna senza nome, vedova e povera, senza difese e senza parole, che però detta la melodia del vivere, maestra di fede. Donna nel bisogno, e per questo porta di Dio, breccia per il suo intervento. Nella Bibbia, vedove, orfani e stranieri, compongono la triade dei senza difesa. E allora è Dio che interviene prendendo le loro difese, entrando negli interstizi del dolore. Gesù ha sempre mostrato una predilezione particolare per le donne sole. Al tempio, questa maestra senza parole, che non ha titolo per insegnare, che ha solo la fede e la sapienza del vivere che sa di pane e di lacrime, raccolta tra le pieghe dolenti della vita, scalza dal pulpito i sacerdoti, dalla cattedra i teologi, per una lezione fondamentale: abitare il mondo non secondo il criterio della quantità, ma del cuore. Venuta una vedova, povera, gettò in offerta due spiccioli. Gesù se n'è accorto, unico; osserva e nota i due centesimi: sono due, è importante notarlo, poteva tenersene uno e dare l'altro. Gesù vede che la donna dà tutto, osserva il suo gesto totale. Allora chiama a sé i discepoli, per un insegnamento non morale ma rivelativo. Accade qualcosa d'importante: Questa povera vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Lo stupore per quel gesto nasce dall'aver intuito un di più, uno scialo, uno sciupìo di cuore, un eccesso che esce dal calcolo e dalla logica. Lo stupore scombina il circolo della polemica, suggerendo che c'è anche dell'altro da guardare, molto altro oltre le ricche offerte dei ricchi. Lo sguardo di Gesù mette a fuoco i dettagli: il divino si cela in un gesto di donna, l'annuncio si nasconde nel dettaglio di due centesimi. Piccole cose che non annullano il duro scontro in atto, ma indicano la possibilità, la strada di una religione dove non tutto sia calcolo, che suggeriscono una possibilità: si può amare senza misura, amare per primi, amare in perdita, amare senza contraccambio. Il Vangelo ama l'economia della piccolezza: non è la quantità che conta, ma l'investimento di vita che metti in ciò che fai. Le parole originarie di Marco qui sono bellissime: gettò intera la sua vita. Che risultati concreti portano i due centesimi della vedova? Nessun risultato, nessun effetto per le belle pietre e le grandi costruzioni del tempio. Ma quella donna ha messo in circuito nelle vene del mondo molto cuore e molta vita. La santità? Piccoli gesti pieni di cuore. Ed è così, perché ogni gesto umano compiuto con tutto il cuore ci avvicina all'assoluto di Dio. Ogni atto umano "totale" contiene in sé e consegna qualcosa di divino.
L’unica misura dell’amore è amare senza misura.
Qual è, nella Legge, il più grande comandamento? Lo sapevano tutti in Israele qual era: il terzo, quello che prescrive di santificare il Sabato, perché anche Dio lo aveva osservato (Genesi 2,2). La risposta di Gesù, come al solito, spiazza e va oltre: non cita nessuna delle dieci parole, ma colloca al cuore del Vangelo la stessa cosa che sta nel cuore della vita: tu amerai. Un verbo al futuro, come per un viaggio mai finito... che è desiderio, attesa, profezia di felicità per ognuno. Il percorso della fede inizia con un «sei amato» e si conclude con un «amerai». In mezzo germoglia la nostra risposta al corteggiamento di Dio. Amerai Dio con tutto il tuo cuore e il prossimo tuo come te stesso. Gesù non aggiunge nulla di nuovo: la prima e la seconda parola sono già scritte nel Libro. La novità sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, la prima. L'averle separate è l'origine dei nostri mali, dei fondamentalismi, di tutte le arroganze, del triste individualismo. Ma amare che cosa? Amare l'Amore stesso. Se amo Dio, amo ciò che lui è: vita, compassione, perdono, bellezza; ogni briciola di pane buono, un atto di coraggio, un abbraccio rassicurante, un'intuizione illuminante, un angolo di armonia. Amerò ciò che Lui più ama: l'uomo, di cui è orgoglioso. Ma amare come? Mettendosi in gioco interamente. Lasciando risuonare e agire la forza di quell'aggettivo «tutto», ribadito quattro volte. Il tutto di cuore, mente, anima, forza. Noi pensiamo che la santità consista nella moderazione delle passioni. Ma dov'è mai questa moderazione nella Bibbia? L'unica misura dell'amore è amare senza misura. Amerai con tutto, con tutto, con tutto... Fare così è già guarigione dell'uomo, ritrovare l'unità, la convergenza di tutte le facoltà, la nostra pienezza felice: «Ascolta, Israele. Questi sono i comandi del Signore... perché tu sia felice» (Deuteronomio 6,1-3). Non c'è altra risposta al desiderio profondo di felicità dell'uomo, nessun'altra risposta al male del mondo che questa soltanto: amerai Dio e il prossimo. Per raccontare l'amore verso il prossimo Gesù regala la parabola del samaritano buono (Luca 10,29-37). Per indicare come amare Dio con tutto il cuore, non sceglie né una parabola, né una immagine, ma una donna, Maria di Betania «che seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola» (Luca 10, 38). Gesù ha trovato che il modo di ascoltare di Maria fosse la «scelta migliore», la più idonea a raccontare come si ami Dio: come un'amica che siede ai suoi piedi, sotto la cupola d'oro dell'amicizia, e lo ascolta, rapita, e non lascerà cadere neppure una delle sue parole. Amare Dio è ascoltarlo, come bambini, come innamorati.
Siamo anche noi ciechi e mendicanti come Bartimeo
Un mendicante cieco: l'ultimo della fila, un naufrago della vita, relitto abbandonato al buio nella polvere di una strada di Palestina. Poi improvvisamente tutto si mette in moto: passa Gesù ed è come un piccolo turbine, si riaccende il motore della vita, soffia un vento di futuro. Bartimeo comincia a gridare: Gesù, abbi pietà. È, tra tutte, la preghiera più cristiana ed evangelica, la più umana. Rimasta nelle nostre liturgie, nel suono antico di «Kyrie eleison» o di «Signore, pietà», confinata purtroppo nell'ambito riduttivo dell'atto penitenziale. Non di perdono si tratta. Quando preghiamo così, come ciechi, donne o lebbrosi del Vangelo, dobbiamo liberare in volo tutto lo splendido immaginario che preme sotto questa formula, e che indica grembo di madre, vita generata e partorita di nuovo. La misericordia di Dio comprende tutto ciò che serve alla vita dell'uomo. Bartimeo non domanda pietà per i suoi peccati, ma per i suoi occhi spenti. Invoca il Donatore di vita in abbondanza: mostrati padre, sentiti madre di questo figlio che ha fatto naufragio, ridammi alla luce! La folla fa muro al suo grido: Taci! Disturbi! Terribile pensare che davanti a Dio la sofferenza sia fuori luogo, che il dolore possa disturbare. Ma è così ancora, abbiamo ritualizzato la religione e un grido fuori programma disturba. Ma la vita è un fuori programma continuo: la vita non è un rito. C'è nell'uomo un gemito, di cui abbiamo perso l'alfabeto; un grido, su cui non riusciamo a sintonizzarci. Invece il rabbi ascolta e risponde. E si libera tutta l'energia della vita. Lo notiamo dai gesti, quasi eccessivi: Bartimeo non parla, grida; non si toglie il mantello, lo getta; non si alza da terra, ma balza in piedi. La fede porta con sé un balzo in avanti, porte che si spalancano, sentieri nel sole, un di più illogico e bello. Credere è acquisire bellezza del vivere. Bartimeo guarisce come uomo, prima che come cieco. Guarisce in quella voce che lo accarezza: qualcuno si è accorto di lui, qualcuno lo tocca, anche solo con una voce amica, e lui esce dal suo naufragio umano: l'ultimo comincia a riscoprirsi uno come gli altri. È chiamato con amore e allora la sua vita si riaccende, si rialza in piedi, si precipita, anche senza vedere, verso una voce, orientato da una parola buona che ancora vibra nell'aria. Sentire che qualcuno ci ama rende fortissimi. Anche noi ci orientiamo nella vita come il mendicante cieco di Gerico, forse senza vedere chiaro, ma sull'eco della Parola di Dio, ascoltata nel Vangelo, nella voce intima che indica la via, negli eventi della storia, nel gemito e nel giubilo del creato. E che continua a seminare occhi nuovi e luce nuova sulla terra.
La santità secondo papa Francesco
La santità secondo papa Francesco: Santi non sono superuomini, ma amici di Dio I Santi, sottolinea nella prima Festa di Ognissanti da Papa, il primo novembre 2013, sono “gli amici di Dio”, perché nella loro vita “hanno vissuto in comunione profonda con Dio”. Francesco traccia dunque un identikit dei Santi che, avverte subito, “non sono superuomini, né sono nati perfetti”. I Santi, ribadisce, “sono come noi, come ognuno di noi”, hanno vissuto “una vita normale”, ma hanno “conosciuto l’amore di Dio” e lo hanno “seguito con tutto il cuore, senza condizioni e ipocrisie”. Da che cosa dunque si riconosce questa Santità? “I Santi, risponde il Papa, sono uomini e donne che hanno la gioia nel cuore e la trasmettono agli altri”. La gioia, dunque, tratto distintivo dei Santi, in contrapposizione alla “faccia da funerale” che, lo dice tante volte, hanno alcuni cristiani che non vivono bene la loro fede.
Tutti i cristiani sono chiamati alla santità, nessuno escluso Altra caratteristica dei Santi è l’umiltà. Nell’omelia mattutina a Casa Santa Marta, il 9 maggio 2014, Francesco si sofferma sulla figura di San Giovanni Paolo II. E osserva che “il grande atleta di Dio” finisce “annientato dalla malattia. Umiliato come Gesù”. La testimonianza di Karol Wojtyla, rammenta, mostra che la regola della santità “è diminuire perché il Signore cresca” e per questo occorre “la nostra umiliazione”. Nulla di più lontano dunque dall’immagine di persone con “superpoteri”. “La differenza tra gli eroi e i Santi – spiega ancora in quella omelia – è la testimonianza, l’imitazione di Gesù Cristo: andare sulla via di Gesù”. Altro tema particolarmente a cuore a Jorge Mario Bergoglio è “l’universale vocazione alla santità”. A questo dedica l’udienza generale del 19 novembre 2014. “Tutti i cristiani, in quanto battezzati – sottolinea – hanno uguale dignità davanti al Signore e sono accomunati dalla stessa vocazione che è quella alla santità”. Questa, afferma il Papa, “è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano”. E aggiunge che “per essere Santi, non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi”, “tutti siamo chiamati a diventare Santi”. Anche i Santi hanno i loro peccati, ma sanno pentirsi e chiedere perdono Francesco mette in guardia da un’idea dei Santi con “la faccia da immaginetta”. E’ qualcosa di molto più profondo ed è alimentata da gesti, “tanti piccoli passi”, che ognuno può compiere laddove vive e lavora. “Ogni stato di vita – è la sua esortazione – porta alla santità, sempre!”. Un anno dopo, il primo novembre 2015, nella Messa al Cimitero del Verano, Francesco si sofferma sulla “strada per raggiungere la vera Beatitudine”, la santità. E osserva che i Santi sono miti e pazienti. Una via, quella della mitezza e della pazienza, che ha percorso Gesù. Nel 2016 torna più volte sul tema nelle Messe a Casa Santa Marta. Il 19 gennaio, incentrando l’omelia su Davide, annota che anche nella vita dei Santi ci sono tentazioni e peccati. La vita del re d’Israele è eloquente al riguardo: Santo e peccatore. Aveva i suoi peccati, “é stato anche un assassino”, ma alla fine li riconosce e chiede perdono. Una storia, conclude il Papa, che fa pensare che “non c’è alcun Santo senza passato, neppure alcun peccatore senza futuro”. Il 24 maggio avverte invece che la santità “non si può comprare e non si vende”. E’ un dono da accogliere. Un dono e un cammino. “La santità – sottolinea Francesco – è un cammino alla presenza di Dio” e “non può farlo un altro nel mio nome”. “Un cammino – dice ancora – che si deve fare con coraggio, con la speranza e con la disponibilità di ricevere questa grazia”.
Cammino di formazione per famiglie
Cammino di formazione per famiglie: Calendario incontri-annuncio 2018 - 2019
14 Ottobre 2018 È possibile credere oggi? Quale buona notizia per la società di oggi. Lettura sociologica della realtà. Relatore: Giuseppe Goisis
11 Novembre 2018 La fede nei momenti bui. La crisi, castigo di Dio od opportunità di crescita? Relatore: Silvano Bordignon
2 Dicembre 2018 Le vere parole di Gesù. Il Vangelo si può prendere alla lettera? Relatrice: Lidia Maggi (in attesa di conferma)
20 Gennaio 2019 Il credo fai da te. La fede cristiana con le altre religioni. Relatrice: Fabiola Dall’Agnol
17 Marzo 2019 Lo scandalo dei poveri. “Ero straniero e non mi avete accolto” (Mt.25,43). Relatore: Nicoletta e Antonio Calò
5 Maggio 2019 Il linguaggio delle immagini sacre. La cappella di Rupnik a Chiampo. Relatrice: Rita Barbato
Gli incontri avranno luogo presso il Centro Parrocchiale di Vallà alle ore 15.00 nei giorni in calendario.
LA FAMIGLIA TUA…E QUELLA DEGLI ALTRI.
SCOPRI la famiglia…la tua e quella degli altri.
L’amore sa scoprire sempre nuove attese, nuove speranze.
CONOSCI la famiglia, la tua e quella degli altri,
di quella conoscenza di amore che sa comprendere e donare.
AIUTA la famiglia, la tua e quella degli altri. L’amore vero saprà dirti
cosa fare per aiutare.
DIFENDI la famiglia, la tua e quella degli altri,
il dono dell’unione profonda e vera in Gesù sia la sua difesa e la sua gioia.
SENTI la famiglia, la tua e quella degli altri.
Allora scoprirai un mondo stupendo: io, tu, noi…uniti nel volerci bene.
ACCOGLI la famiglia, la tua e quella degli altri,
con una generosità, dimentica di sé, che non conosca limiti nel donare.
SOSTIENI la famiglia, la tua e quella degli altri.
La vita conosce difficoltà e ansie: diffondi pace e accresci speranza.
GODI della famiglia, della tua e di quella degli altri.
Aiuta a godere dei doni di Dio, perché intorno s’irradi la luce.
AMMIRA la famiglia, la tua e quella degli altri:
perla preziosa nel campo del mondo,
meraviglia della vita che corre nel tempo.
RINGRAZIA della famiglia, della tua e di quella degli altri:
e con te altri si sentiranno FIGLI del Padre che è nei cieli e in Gesù
loderanno il dono che rimane eterno.
È gradita la presenza dei figli.
Per loro verrà organizzato, da simpatici animatori, un momento di:
amicizia- scambio / attività – creatività / allegria – festa