Gr.est. 2019 Yes!
YES è il SI quotidiano con il quale rispondiamo alla vocazione di essere cristiani; è il Si anche di quelli che pensano di non saper far niente e di coloro che sanno che il Signore li ha forniti di molti doni. Con il Si detto di cuore, anche nella piccolezza e nella difficoltà, si sperimenta la beatitudine e la gioia di non essere mai soli. Sono aperte le iscrizioni al Gr.est. Domenica 12/5 e domenica 19/5 dalle 10.00 alle 12.00 presso il Centro parrocchiale.
Domenica della divina misericordia
L’ORIGINE della «festa della Divina Misericordia» si colloca nel contesto dell’esperienza mistica di Suor Faustina Kowalska: ella annota nel suo Diario che Cristo la invitò a istituire questa festa a Plock in Polonia nel 1931, indicandole anche il momento preciso durante l’anno liturgico, cioè la Seconda Domenica di Pasqua. Questo perché esiste un profondo legame fra il mistero pasquale della Redenzione e la festa della Misericordia: «Le anime periscono, nonostante la mia dolorosa passione… Se non adoreranno la mia misericordia, periranno per sempre». San Giovanni Paolo II l’ha istituita come celebrazione per la Chiesa universale nel 1992. Pregando devotamente la coroncina della Divina Misericordia, chiedendo al Signore il perdono dei peccati, ricevendo l’Eucaristia, in questo giorno il cristiano ottiene il dono dell’indulgenza plenaria, attingendo così alle sorgenti della salvezza e rinnovando il proprio cammino spirituale, certo che l’amore del Signore può superare e distruggere ogni peccato e donare nuova fiducia a chiunque si avvicina a lui con cuore sincero. Le condizioni per ricevere l’indulgenza plenaria sono: Confessione, Comunione Eucaristica, preghiera in una chiesa secondo le intenzioni del Sommo Pontefice e per il bene di tutta l’umanità, animo totalmente distaccato da qualsiasi forma di peccato anche veniale. La gioia di ritrovarsi santi agli occhi di Dio deve esprimersi in gesti di carità e servizio al prossimo così che la grazia ricevuta porti frutti di vita.
Calendario Sante Messe di maggio
La chiusura del mese di maggio si terrà in chiesa parrocchiale a Poggiana il 30 maggio alle ore 20.30,
a Vallà il 31 maggio.
Sono invitate tutte le famiglie e tutti i ragazzi del catechismo e tutta la comunità cristiana.
SANTE MESSE A VALLÀ
Lunedì 6/5 Vallà Famiglia Piazza Via Aurelia 48/A 20.00
Mercoledì 15/5 Vallà Fam. Marchioretto Via Visintin, 23 20.00
Giovedì 16/5 Vallà Famiglia Santi Via 27 Aprile, 44/B 20.00
Venerdì 17/5 Vallà Parco capitello Q.re S. D'Acquisto 20.00
Martedì 21/5 Vallà Famiglia Basso Via Aurelia 20.00
Venerdì 24/5 Vallà Parco capitello Q.re Corazza, 36 20.00
Martedì 28/5 Vallà Parco capitello Via Montello 20.00
SANTE MESSE A POGGIANA
Venerdì 10/5 Poggiana Oratorio Via Bernardi 20.30
Lunedì 13/5 Poggiana Capitello Col Moschin 20.30
Martedì 14/5 Poggiana Bonin Cecilia Via Bernardi 20.30
Lunedì 20/5 Poggiana Battagello Giuditta Via Balegante 20.30
Mercoledì 22/5 Poggiana Troietto Stefano Via Masaccio 20.30
Giovedì 23/5 Poggiana Bertapelle Michele Via De Gasperi 20.30
Le ferite di Gesù, alfabeto dell’amore
Venne Gesù a porte chiuse. In quella stanza, dove si respirava paura, alcuni non ce l'hanno fatta a restare rinchiusi: Maria di Magdala e le donne, Tommaso e i due di Emmaus. A loro, che respirano libertà, sono riservati gli incontri più belli e più intensi. Otto giorni dopo Gesù è ancora lì: l'abbandonato ritorna da quelli che sanno solo abbandonare; li ha inviati per le strade, e li ritrova chiusi in quella stanza; eppure non si stanca di accompagnarli con delicatezza infinita. Si rivolge a Tommaso che lui stesso aveva educato alla libertà interiore, a dissentire, ad essere rigoroso e coraggioso, vivo e umano. Non si impone, si propone: Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco. Gesù rispetta la fatica e i dubbi; rispetta i tempi di ciascuno e la complessità del credere; non si scandalizza, si ripropone. Che bello se anche noi fossimo formati, come nel cenacolo, più all'approfondimento della fede che all'ubbidienza; più alla ricerca che al consenso! Quante energie e quanta maturità sarebbero liberate! Gesù si espone a Tommaso con tutte le ferite aperte. Offre due mani piagate dove poter riposare e riprendere il fiato del coraggio. Pensavamo che la risurrezione avrebbe cancellato la passione, richiusi i fori dei chiodi, rimarginato le piaghe. Invece no: esse sono il racconto dell'amore scritto sul corpo di Gesù con l'alfabeto delle ferite, incancellabili ormai come l'amore stesso. La Croce non è un semplice incidente di percorso da superare con la Pasqua, è il perché, il senso. Metti, tendi, tocca. Il Vangelo non dice che Tommaso l'abbia fatto, che abbia toccato quel corpo. Che bisogno c'era? Che inganno può nascondere chi è inchiodato al legno per te? Non le ha toccate, lui le ha baciate quelle ferite, diventate feritoie di luce. Mio Signore e mio Dio. La fede se non contiene questo aggettivo mio non è vera fede, sarà religione, catechismo, paura. Mio dev'essere il Signore, come dice l'amata del Cantico; mio non di possesso ma di appartenenza: il mio amato è mio e io sono per lui. Mio, come lo è il cuore e, senza, non sarei. Mio come il respiro e, senza, non vivrei. Tommaso, beati piuttosto quelli che non hanno visto e hanno creduto! Una beatitudine alla mia portata: io che tento di credere, io apprendista credente, non ho visto e non ho toccato mai nulla del corpo assente del Signore. I cristiani solo accettando di non vedere, non sapere, non toccare, possono accostarsi a quella alternativa totale, alla vita totalmente altra che nasce nel buio lucente di Pasqua.
Buona settimana Santa!
La Settimana Santa è il cuore di tutto l’anno liturgico e ci introduce nella Pasqua di Risurrezione. Auguro a tutti di poter cogliere le opportunità che questo tempo straordinario offre per entrare nel mistero dell’amore di Dio e per lasciarsi trasformare secondo il Vangelo di Gesù Cristo. La confessione sacramentale può diventare davvero una bella occasione per prendere in mano sul serio la propria vita spirituale e per continuare un cammino che ci porta ad una vita piena. Preghiamo con intensità il Signore perché le nostre comunità parrocchiali diventino sempre più conformi al cuore di Gesù, lui che sempre accoglieva l’altro e sapeva promuovere a vita più dignitosa e bella chi si accostava lungo il cammino. Non dimentichiamo i tanti fratelli e sorelle che vivono pesanti difficoltà personali o familiari o per chi si trova a vivere nella solitudine e nella malattia. La Passione di Cristo ci guidi e farci prossimi a tutti coloro che sono emarginati e ogni giorno combattono da soli. Il Signore dia loro serenità e pace. Buon cammino di preparazione prossimo alla Pasqua.
Fattosi carne il Verbo ora entra anche nella morte
Inizia con la Domenica delle Palme la settimana suprema della storia e della fede. In quei giorni che diciamo «santi» è nato il cristianesimo, è nato dallo scandalo e dalla follia della croce. Lì si concentra e da lì emana tutto ciò che riguarda la fede dei cristiani. Per questo improvvisamente, dalle Palme a Pasqua, il tempo profondo, quello del respiro dell'anima, cambia ritmo: la liturgia rallenta, prende un altro passo, moltiplica i momenti nei quali accompagnare con calma, quasi ora per ora, gli ultimi giorni di vita di Gesù: dall'entrata in Gerusalemme, alla corsa di Maddalena al mattino di Pasqua, quando anche la pietra del sepolcro si veste di angeli e di luce. Sono i giorni supremi, i giorni del nostro destino. E mentre i credenti di ogni fede si rivolgono a Dio e lo chiamano nel tempo della loro sofferenza, i cristiani vanno a Dio nel tempo della sua sofferenza. «L'essenza del cristianesimo è la contemplazione del volto del Dio crocifisso» (Carlo Maria Martini). Contemplare come le donne al Calvario, occhi lucenti di amore e di lacrime; stare accanto alle infinite croci del mondo dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli, nella sua carne innumerevole, dolente e santa. Come sul Calvario «Dio non salva dalla sofferenza, ma nella sofferenza; non protegge dalla morte, ma nella morte. Non libera dalla croce ma nella croce» (Bonhoeffer). La lettura del Vangelo della Passione è di una bellezza che mi stordisce: un Dio che mi ha lavato i piedi e non gli è bastato, che ha dato il suo corpo da mangiare e non gli è bastato; lo vedo pendere nudo e disonorato, e devo distogliere lo sguardo. Poi giro ancora la testa, torno a guardare la croce, e vedo uno a braccia spalancate che mi grida: ti amo. Proprio a me? Sanguina e grida, o forse lo sussurra, per non essere invadente: ti amo. Perché Cristo è morto in croce? Non è stato Dio il mandante di quell'omicidio. Non è stato lui che ha permesso o preteso che fosse sacrificato l'innocente al posto dei colpevoli. Placare la giustizia col sangue? Non è da Dio. Quante volte ha gridato nei profeti: «Io non bevo il sangue degli agnelli, io non mangio la carne dei tori», «amore io voglio e non sacrificio». La giustizia di Dio non è dare a ciascuno il suo, ma dare a ciascuno se stesso, la sua vita. Ecco allora che Incarnazione e Passione si abbracciano, la stessa logica prosegue fino all'estremo. Gesù entra nella morte, come è entrato nella carne, perché nella morte entra ogni carne: per amore, per essere con noi e come noi. E la attraversa, raccogliendoci tutti dalle lontananze più perdute, e a Pasqua ci prende dentro il vortice del suo risorgere, ci trascina con sé in alto, nella potenza della risurrezione.
Settimana Santa a Vallà e a Poggiana
VALLA'
Domenica delle Palme: ore 8:45 Benedizione dell'olivo ore 9:00 Santa Messa solenne ore 10:30 Santa Messa ore 16:00 Apertura dell'adorazione eucaristica con Vespri
Lunedì santo: ore 8:15 Santa Messa con lodi e a seguire apertura dell'adorazione eucaristica ore 19:00 Vespri con riposizione del Santissimo Sacramento
Martedì santo: ore 8:15 Santa Messa con lodi e a seguire apertura dell'adorazione eucaristica ore 19:00 Vespri con riposizione del Santissimo Sacramento
Mercoledì santo: ore 8:15 Santa Messa con lodi e a seguire apertura dell'adorazione eucaristica ore 19:00 Vespri con riposizione del Santissimo Sacramento
Giovedì santo: ore 7.30 Ufficio delle letture e lodi ore 17:00 Santa Messa ore 20:00 Santa Messa con lavanda dei piedi e adorazione eucaristica notturna.
Venerdì santo: ore 8:00 Ufficio delle letture e lodi ore 15:00 Via Crucis ore 20:00 Azione liturgica con processione
Sabato santo: ore 8:00 Ufficio delle letture e lodi ore 21:00 Veglia pasquale
Domenica di Pasqua: ore 9:00 Santa Messa ore 10:30 Santa Messa
POGGIANA
Domenica delle Palme: ore 10:30 Benedizione dell'olivo e Santa Messa Solenne ore 17:30 Vespri con apertura dell'adorazione eucaristica ore 18:30 Santa Messa
Lunedì santo: ore 7:15 Santa Messa con lodi e adorazione eucaristica fino alle ore 10:30 dalle 15:00 alle 18:30 esposizione ore 18:30 Vespri con riposizione del Santissimo Sacramento
Martedì santo: ore 8:00 lodi e a seguire apertura dell'adorazione eucaristica fino alle 10:30 dalle 15:00 alle 18:30 adorazione eucaristica ore 18:30 Santa Messa con Vespri
Mercoledì santo: ore 7:15 Santa Messa con lodi e adorazione eucaristica fino alle 10:30 dalle 15:00 alle 18:30 adorazione eucaristica ore 18:30 Vespri con riposizione del Santissimo Sacramento
Giovedì santo: ore 18:30 Santa Messa con lavanda dei piedi. La chiesa resterà aperta per l'adorazione fino alle ore 21:00.
Venerdì santo: ore 8:00 Ufficio delle letture e lodi ore 15:00 Via Crucis ore 20:00 Azione liturgica con processione
Sabato santo: ore 8:00 Ufficio delle letture e lodi ore 21:00 Veglia pasquale
Domenica di Pasqua: ore 10:30 Santa Messa ore 18:30 Santa Messa
Il Signore apre le porte delle nostre prigioni
Una trappola ben congegnata: «che si schieri, il maestro, o contro Dio o contro l'uomo». Gli condussero una donna... e la posero in mezzo. Donna senza nome, che per scribi e farisei non è una persona, è il suo peccato; anzi è una cosa, che si prende, si porta, si mette di qua o di là, dove a loro va bene. Si può anche mettere a morte. Sono funzionari del sacro, diventati fondamentalisti di un Dio terribilmente sbagliato. «Maestro, secondo te, è giusto uccidere...?». Quella donna ha sbagliato, ma la sua uccisione sarebbe ben più grave del peccato che vogliono punire. Gesù si chinò e scriveva col dito per terra..., mostrando così la strada: invita tutti a chinarsi, a tacere, a mettersi ai piedi non di un codice penale ma del mistero della persona. «Chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra contro di lei». Gesù butta all'aria tutto il vecchio ordinamento legale con una battuta sola, con parole definitive e così vere che nessuno può ribattere. E se ne andarono tutti. Allora Gesù si alza, ad altezza del cuore della donna, ad altezza degli occhi, per esserle più vicino; si alza con tutto il rispetto dovuto a un principe, e la chiama “donna”, come farà con sua madre: Nessuno ti ha condannata? Neanch'io lo faccio. Eccolo il maestro vero, che non s'impalca a giudice, che non condanna e neppure assolve; ma fa un'altra cosa: libera il futuro di quella donna, cambiandole non il passato ma l'avvenire: Va' e d'ora in poi non peccare più: poche parole che bastano a riaprire la vita. Il Signore sa sorprendere ancora una volta il nostro cuore fariseo: non chiede alla donna di confessare il peccato, non le chiede di espiarlo, non le domanda neppure se è pentita. È una figlia a rischio della vita, e tanto basta a Colui che è venuto a salvare. E la salvezza è sciogliere le vele (io la vela, Dio il vento): infatti non le domanda da dove viene, ma dove è diretta; non le chiede che cosa ha fatto, ma cosa farà. E si rivolge alla luce profonda di quella creatura, vi intinge la penna come uno scriba sapiente: «Scrivo con una minuscola bilancia come quella dei gioiellieri. Su un piatto depongo l'ombra, sull'altro la luce. Un grammo di luce fa da contrappeso a diversi chili d'ombra...»(Ch Bobin). Le scrive nel cuore la parola “futuro”. Le dice: «Donna, tu sei capace di amare, tu puoi amare bene, amare molto. Questo tu farai...». Gesù apre le porte delle nostre prigioni, smonta i patiboli su cui spesso trasciniamo noi stessi e gli altri. Lui sa bene che solo uomini e donne perdonati e amati possono disseminare attorno a sé perdono e amore. I due soli doni che non ci faranno più vittime. Che non faranno più vittime né fuori né dentro di noi.
AVVISO CARITAS
Per ogni settimana di Quaresima, trovi la ’Cesta della Carità’ in Chiesa, dove portare questi prodotti:
dal 24/3 al 30/3 - TONNO e SCATOLAME VARIO
dal 31/3 al 6/4 - RISO, FARINA E ZUCCHERO
dal 7/4 al 13/4 - PRODOTTI COLAZIONE
dal 14/4 al 20/4 - DETERSIVI e CANCELLERIA SCUOLA
Non importa perché torni. A Dio basta il primo passo
La parabola più bella, in quattro sequenze narrative. Prima scena. Un padre aveva due figli. Nella bibbia, questo incipit causa subito tensione: le storie di fratelli non sono mai facili, spesso raccontano drammi di violenza e menzogne, riportano alla mente Caino e Abele, Ismaele e Isacco, Giacobbe ed Esaù, Giuseppe e i suoi fratelli, e il dolore dei genitori. Un giorno il figlio minore se ne va, in cerca di se stesso, con la sua parte di eredità, di “vita”. E il padre non si oppone, lo lascia andare anche se teme che si farà male: lui ama la libertà dei figli, la provoca, la festeggia, la patisce. Un uomo giusto. Secondo quadro. Quello che il giovane inizia è il viaggio della libertà, ma le sue scelte si rivelano come scelte senza salvezza («sperperò le sue sostanze vivendo in modo dissoluto»). Una illusione di felicità da cui si risveglierà in mezzo ai porci, ladro di ghiande per sopravvivere: il principe ribelle è diventato servo. Allora rientra in sé, lo fanno ragionare la fame, la dignità umana perduta, il ricordo del padre: «quanti salariati in casa di mio padre, quanto pane!». Con occhi da adulto, ora conosce il padre innanzitutto come un signore che ha rispetto della propria servitù (R. Virgili). E decide di ritornare, non come figlio, da come uno dei servi: non cerca un padre, cerca un buon padrone; non torna per senso di colpa, ma per fame; non torna per amore, ma perché muore. Ma a Dio non importa il motivo per cui ci mettiamo in cammino, a lui basta il primo passo Terza sequenza. Ora l'azione diventa incalzante. Il padre, che è attesa eternamente aperta, «lo vede che era ancora lontano», e mentre il figlio cammina, lui corre. E mentre il ragazzo prova una scusa, il padre non rinfaccia ma abbraccia: ha fretta di capovolgere la lontananza in carezze. Per lui perdere un figlio è una perdita infinita. Non ha figli da buttare, Dio. E lo mostra con gesti che sono materni e paterni insieme, e infine regali: «presto, il vestito più bello, l'anello, i sandali, il banchetto della gioia e della festa». Ultima scena. Lo sguardo ora lascia la casa in festa e si posa su di un terzo personaggio che si avvicina, di ritorno dal lavoro. L'uomo sente la musica, ma non sorride: lui non ha la festa nel cuore (R. Virgili). Buon lavoratore, ubbidiente e infelice. Alle prese con l'infelicità che deriva da un cuore che non ama le cose che fa, e non fa le cose che ama: io ti ho sempre ubbidito e a me neanche un capretto... il cuore assente, il cuore altrove. E il padre, che cerca figli e non servi, fratelli e non rivali, lo prega con dolcezza di entrare: è in tavola la vita. Il finale è aperto: capirà? Aperto sull'offerta mai revocata di Dio.
Quell'invito a cambiare rotta su ogni fronte
Che colpa avevano i diciotto morti sotto il crollo della torre di Siloe? E quelli colpiti da un terremoto, da un atto di terrorismo, da una malattia sono forse castigati da Dio? La risposta di Gesù è netta: non è Dio che fa cadere torri o aerei, non è la mano di Dio che architetta sventure. Ricordiamo l'episodio del "cieco nato": chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché nascesse così? Gesù allontana subito, immediatamente, questa visione: né lui, né i suoi genitori. Non è il peccato il perno della storia, l'asse attorno al quale ruota il mondo. Dio non spreca la sua eternità e potenza in castighi, lotta con noi contro ogni male, lui è mano viva che fa ripartire la vita. Infatti aggiunge: Se non vi convertirete, perirete tutti. Conversione è l'inversione di rotta della nave che, se continua così, va diritta sugli scogli. Non serve fare la conta dei buoni e dei cattivi, bisogna riconoscere che è tutto un mondo che deve cambiare direzione: nelle relazioni, nella politica, nella economia, nella ecologia. Mai come oggi sentiamo attuale questo appello accorato di Gesù. Mai come oggi capiamo che tutto nel Creato è in stretta connessione: se ci sono milioni di poveri senza dignità né istruzione, sarà tutto il mondo ad essere deprivato del loro contributo; se la natura è avvelenata, muore anche l'umanità; l'estinzione di una specie equivale a una mutilazione di tutti. Convertitevi alla parola compimento della legge: " tu amerai". Amatevi, altrimenti vi distruggerete. Il Vangelo è tutto qui. Alla gravità di queste parole fa da contrappunto la fiducia della piccola parabola del fico sterile: il padrone si è stancato, pretende frutti, farà tagliare l'albero. Invece il contadino sapiente, con il cuore nel futuro, dice: "ancora un anno di cure e gusteremo il frutto". Ancora un anno, ancora sole, pioggia e cure perché quest'albero, che sono io, è buono e darà frutto. Dio contadino, chino su di me, ortolano fiducioso di questo piccolo orto in cui ha seminato così tanto per tirar su così poco. Eppure continua a inviare germi vitali, sole, pioggia, fiducia. Lui crede in me prima ancora che io dica sì. Il suo scopo è lavorare per far fiorire la vita: il frutto dell'estate prossima vale più di tre anni di sterilità. E allora avvia processi, inizia percorsi, ci consegna un anticipo di fiducia. E non puoi sapere di quanta esposizione al sole di Dio avrà bisogno una creatura per giungere all'armonia e alla fioritura della sua vita. Perciò abbi fiducia, sii indulgente verso tutti, e anche verso te stesso. La primavera non si lascia sgomentare, né la Pasqua si arrende. La fiducia è una vela che sospinge la storia. E, vedrai, ciò che tarda verrà.
Speciale Quaresima
La quaresima è stata definita dal Beato paolo VI la “Primavera dello spirito cristiano”. Tre sono gli attegatteggiamenti tipici della Quaresima:
Il DIGIUNO: scelto per una esperienza condivisa con chi non mangia perché non ha nulla da mangiare; o con chi quotidianamente deve recarsi alla mensa dei poveri per sopravvivere. Quindi, digiuno per versare l’equivalente nel salvadanaio dei poveri.
LA PREGHIERA: sarebbe utile nella giornata trovare uno spazio di silenzio – di deserto – con cellulare spento – per consentire alla Parola di Dio di scendere nel cuore.
LA CARITA’: Ammonisce Papa Francesco che non è vera Quaresima se non si mette una mano in tasca, non a cercare uno spicciolo, ma per un gesto di magnanimità, collaborando, per esempio, a progetti di solidarietà. Carità non è dare quello che avanza, o un vestito disuso; è impegnarsi nel volontariato; è dare parte del nostro tempo per opere di sostegno alle famiglie con disagio. Il digiuno quaresimale non vuole essere una dieta per la linea; deve essere come quello di Gesù: per assaporare il Pane della Parola di Dio: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
Come comunità cristiana desideriamo offrire a tutti alcune iniziative per aiutarci a vivere al meglio questo periodo dell’anno che ci ricrea come figli di Dio.
· Iniziativa un pane per amor di Dio un gesto di solidarietà per sostenere i poveri nelle missioni diocesane.
· La cesta della carità: raccolta viveri per aiutare le famiglie povere del nostro territorio.
· Mercoledì 6/3: Sante messe con imposizione delle ceneri. Vedi orario sul foglio a fianco.
· Ogni venerdì via crucis a Vallà ore 15.00 a Poggiana ore 16.15 con particolare attenzione ai ragazzi di catechismo.
· Venerdì 15/3: ore 20.30 catechesi sulla passione e preghiera a Poggiana.
· Sabato 23/03: ritiro spirituale per adulti presso “Santuario della Pieve “ Chiampo (VI).
· Venerdì 29/3: 24 ore per il Signore adorazione notturna introdotta da una catechesi e preghiera sulla passione a Vallà.
· Venerdì 12/4: ore 20.30 via crucis all’aperto per la collaborazione di Riese e Altivole.
· Possibilità di accostarsi alla confessione: don Daniele al sabato dalle 9.00 alle 12.00 a Poggiana e dalle 15.00 alle 18.00 a Vallà. Don Antonio a Poggiana dalle 15.00 alle 18.00.
Dal deserto al giardino, il cammino verso la vita
Dal deserto al giardino: dal deserto di pietre e tentazioni al giardino del sepolcro vuoto, fresco e risplendente nell'alba, mentre fuori è primavera: è questo il percorso della Quaresima. Non penitenziale, quindi, ma vitale. Dalle ceneri sul capo, alla luce che «fa risplendere la vita» (2Tm 1,10). Deserto e giardino sono immagini bibliche che accompagnano la storia e i sogni di Israele, che contengono un progetto di salvezza integrale che avvolgerà e trasfigurerà ogni cosa esistente, umanità e creature tutte, che insieme compongono l'arazzo della creazione. Con la Quaresima non ci avviamo lungo un percorso di penitenza, ma di immensa comunione; non di sacrifici ma di germogli. L'uomo non è polvere o cenere, ma figlio di Dio e simile a un angelo (Eb 2,7) e la cenere posta sul capo non è segno di tristezza ma di nuovo inizio: la ripartenza della creazione e della fecondità, sempre e comunque, anche partendo dal quasi niente che rimane fra le mani. Le tentazioni di Gesù nel deserto costituiscono la prova cui è sottoposto il suo progetto di mondo e di uomo, il suo modello di Messia, inedito e stravolgente, e il suo stesso Dio. La tentazione è sempre una scelta tra due amori. Di' a questa pietra che diventi pane. Trasforma le cose in beni di consumo, riduci a merce anche i sassi, tutto metti a servizio del profitto. Le parole del Nemico disegnano in filigrana un essere umano che può a suo piacimento usare e abusare di tutto ciò che esiste. E così facendo, distrugge anziché «coltivare e custodire» (Gen 2,15). Ognuno tentato di ridurre i sogni a denaro, di trasformare tutto, anche la terra e la bellezza, in cose da consumare. Ti darò tutto il potere, tutto sarà tuo. Il paradigma del potere che ha sedotto e distrutto regni e persone, falsi messia e nuovi profeti, è messo davanti a Gesù come il massimo dei sogni. Ma Gesù non vuole potere su nessuno, lui è mendicante d'amore. E chi diventa come lui non si inginocchierà davanti a nessuno, eppure sarà servitore di tutti. Buttati giù, e Dio manderà i suoi angeli a portarti. Mostra a tutti un Dio immaginario che smonta e rimonta la natura e le sue leggi, a piacimento, come fosse il suo giocattolo; che è una assicurazione contro gli infortuni della vita, che salva da ogni problema, che ti protegge dalla fatica di avanzare passo passo, e talvolta nel buio. Gesù risponde che non gli angeli, ma «la Parola opera in voi che credete» (1Ts 2,13). Che Dio interviene con il miracolo umile e tenace della sua Parola: lampada ai miei passi; pane alla mia fame; mutazione delle radici del cuore perché germoglino relazioni nuove con me stesso e con il creato, con gli altri e con Dio.
La fecondità è la prima legge di un albero
L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene. Il buon tesoro del cuore: una definizione così bella, così piena di speranza, di ciò che siamo nel nostro intimo mistero. Abbiamo tutti un tesoro buono custodito in vasi d'argilla, oro fino da distribuire. Anzi il primo tesoro è il nostro cuore stesso: «un uomo vale quanto vale il suo cuore» (Gandhi). La nostra vita è viva se abbiamo coltivato tesori di speranza, la passione per il bene possibile, per il sorriso possibile, la buona politica possibile, una “casa comune” dove sia possibile vivere meglio per tutti. La nostra vita è viva quando ha cuore. Gesù porta a compimento la religione antica su due direttrici: la linea della persona, che viene prima della legge, e poi la linea del cuore, delle motivazioni profonde, delle radici buone. Accade come per gli alberi: l'albero buono non produce frutti guasti. Gesù ci porta alla scuola della sapienza degli alberi. La prima legge di un albero è la fecondità, il frutto. Ed è la stessa regola di fondo che ispira la morale evangelica: un'etica del frutto buono, della fecondità creativa, del gesto che fa bene davvero, della parola che consola davvero e guarisce, del sorriso autentico. Nel giudizio finale (Matteo 25), non tribunale ma rivelazione della verità ultima del vivere, il dramma non saranno le nostre mani forse sporche, ma le mani desolatamente vuote, senza frutti buoni offerti alla fame d'altri. Invece gli alberi, la natura intera, mostrano come non si viva in funzione di se stessi ma al servizio delle creature: infatti ad ogni autunno ci incanta lo spettacolo dei rami gonfi di frutti, un eccesso, uno scialo, uno spreco di semi, che sono per gli uccelli del cielo, per gli animali della terra, per gli insetti come per i figli dell'uomo. Le leggi profonde che reggono la realtà sono le stesse che reggono la vita spirituale. Il cuore del cosmo non dice sopravvivenza, la legge profonda della vita è dare. Cioè crescere e fiorire, creare e donare. Come alberi buoni. Ma abbiamo anche una radice di male in noi. Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello? Perché ti perdi a cercare fuscelli, a guardare l'ombra anziché la luce di quell'occhio? Non è così lo sguardo di Dio.
L'occhio del Creatore vide che l'uomo era cosa molto buona! Dio vede l'uomo molto buono perché ha un cuore di luce. L'occhio cattivo emana oscurità, diffonde amore per l'ombra. L'occhio buono è come lucerna, diffonde luce. Non cerca travi o pagliuzze o occhi feriti, i nostri cattivi tesori, ma si posa su di un Eden di cui nessuno è privo: «con ogni cura veglia sul tuo cuore perché è la sorgente della vita» (Proverbi 4,23).