Se uno viene a me e non mi ama più di.....
Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, sua madre... e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Gesù non instaura una competizione di sentimenti per le sue creature, perché sa che da questa ipotetica gara di emozioni non uscirebbe vincitore, se non presso pochi eroi o santi, dalla fede di fiamma. Ci ricorda invece che per creare un mondo nuovo, quello che è il sogno del Padre, ci vuole una passione forte almeno quanto quella degli amori familiari. È in gioco un nuovo modo di vivere le relazioni umane: mentre noi puntiamo a cambiare l'economia, Gesù vuole cambiare l'uomo. Lo fa puntando tutto sull'amore, e con parole che sembrano eccessive, sembrano cozzare contro la bellezza e la forza degli affetti, perché la felicità di questa vita non sappiamo dove pesarla se non sul dare e sul ricevere amore. Ma il verbo centrale su cui poggia la frase è: se uno non «ama di più». Allora non di una sottrazione si tratta, ma di una addizione. Gesù non sottrae amori, aggiunge un «di più». Il discepolo è colui che sulla bellezza dei suoi amori stende una più grande bellezza. E il risultato non è una sottrazione ma un potenziamento, non una esclusione ma una aggiunta: Tu sai quanto è bello dare e ricevere amore, quanto contano gli affetti della famiglia, ebbene io posso offrirti qualcosa di ancora più bello e vitale. Gesù è la garanzia che i tuoi amori saranno più vivi e più luminosi, perché Lui possiede la chiave dell'arte di amare. Seconda condizione: Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me... La croce: e noi la pensiamo metafora delle inevitabili difficoltà di ogni giorno, dei problemi della famiglia, di una malattia da sopportare, o addirittura del perdere la vita. In realtà la vita si perde come si spende un tesoro: donandola goccia a goccia. Per cui il vero dramma non è morire, ma non avere niente, non avere nessuno per cui valga la pena spendere la vita. Nel Vangelo la croce è la sintesi dell'intera storia di Gesù: amore senza misura, disarmato amore, coraggioso amore, che non si arrende, non inganna e non tradisce. Prendi su di te una porzione grande di amore, altrimenti non vivi; prendi la porzione di dolore che ogni amore comporta, altrimenti non ami. Terza condizione: chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. Perché la tua vita non dipende dai tuoi beni, «un uomo non vale mai per quanto possiede, o per il colore della sua pelle, ma per la qualità dei suoi sentimenti. Un uomo vale quanto vale il suo cuore» (Gandhi). Gesù chiede sì una rinuncia, ma a ciò che impedisce il volo. Chi lo fa, scopre che «rinunciare per Te è uguale a fiorire» (M. Marcolini).
Campo famiglie
Dal 17 al 24 agosto presso la casa Villa Letizia a Valle di Cadore si terrà il campo scuola per famiglie. Il parroco sarà presente al campo scuola per tutta la durata dell’esperienza. La comunità si impegna a sostenere le coppie partecipanti con la preghiera.
E il padrone si mette a servire noi poveri servi
Siate pronti, tenetevi pronti: un invito che sale dal profondo della vita, perché vivere è attendere. La vita è attesa: di una persona da amare, di un dolore da superare, di un figlio da abbracciare, di un mondo migliore, della luce infinita che possa illuminare le tue paure e le tue ombre. Attesa di Dio. «E verrà, se insisto\ a sperare, non visto…\Verrà,\ già viene\ il suo bisbiglio» (C. Rebora). Le cose più importanti non vanno cercate, ma attese (S. Weil). Lo stesso Dio «sitit sitiri», dicevano i Padri, Dio ha sete che abbiamo sete di lui, desidera essere desiderato, ha desiderio del nostro desiderio. Ed è quello che mostrano i servi della parabola, che fanno molto di più di ciò che era loro richiesto. Restare svegli fino all'alba, con le vesti già strette ai fianchi, con le lampade sempre accese, è un di più che ha il potere di incantare il padrone al suo arrivo. Quello dei servi è un atteggiamento non dettato né da dovere né da paura, essi attendono così intensamente qualcuno che è desiderato, come fa l'amata nel Cantico dei Cantici: «dormo, ma il mio cuore veglia» (5,2). E se tornando il padrone li troverà svegli, beati quei servi. In verità vi dico – quando Gesù usa questi termini intende risvegliare la nostra attenzione su qualcosa di importante – li farà mettere a tavola e passerà a servirli. È il capovolgimento dell'idea di padrone: il punto commovente, sublime di questo racconto, il momento straordinario, quando accade l'impensabile: il Signore si mette a fare il servo! Dio viene e si pone a servizio della felicità dei suoi, della loro pienezza di vita! Gesù ribadisce, perché si imprima bene, l'atteggiamento sorprendente del Signore: si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. È l'immagine clamorosa, che solo Gesù ha osato, di Dio nostro servitore; quel volto che solo lui ha rivelato e incarnato nell'ultima sera, cingendo un asciugamano, prendendo fra le sue mani i piedi dei discepoli, facendo suo il ruolo proprio dello schiavo o della donna. La fortuna dei servi della parabola, la loro beatitudine – ribadita due volte – non deriva dall'aver resistito tutta la notte, non è frutto della loro fedeltà o bravura. La fortuna nostra, di noi servi inaffidabili, consiste nel fatto di avere un padrone così, pieno di fiducia verso di noi, che non nutre sospetti, cuore luminoso, che ci affida la casa, le chiavi, le persone. La fiducia del mio Signore mi conquista, mi commuove, ad essa rispondo. La nostra grazia sta nel miracolo di un Dio che ha fede nell'uomo. Io crederò in lui, perché lui crede in me. Sarà il solo Signore che io servirò perché è l'unico che si è fatto mio servitore.
Padre Nostro, la preghiera che unisce terra e cielo
Signore insegnaci a pregare. Tutto prega nel mondo: gli alberi della foresta e i gigli del campo, monti e colline, fiumi e sorgenti, i cipressi sul colle e l'infinita pazienza della luce. Pregano senza parole: «ogni creatura prega cantando l'inno della sua esistenza, cantando il salmo della sua vita» (Conf. epis. giapponese). I discepoli non domandano al maestro una preghiera o delle formule da ripetere, ne conoscevano già molte, avevano un salterio intero a fare da stella polare. Ma chiedono: insegnaci a stare davanti a Dio come stai tu, nelle tue notti di veglia, nelle tue cascate di gioia, con cuore adulto e fanciullo insieme. «Pregare è riattaccare la terra al cielo» (M. Zundel): insegnaci a riattaccarci a Dio, come si attacca la bocca alla sorgente. Ed egli disse loro: quando pregate dite "padre". Tutte le preghiere di Gesù che i Vangeli ci hanno tramandato iniziano con questo nome. È il nome della sorgente, parola degli inizi e dell'infanzia, il nome della vita. Pregare è dare del tu a Dio, chiamandolo "padre", dicendogli "papà", nella lingua dei bambini e non in quella dei rabbini, nel dialetto del cuore e non in quello degli scribi. È un Dio che sa di abbracci e di casa; un Dio affettuoso, vicino, caldo, da cui ricevere le poche cose indispensabili per vivere bene. Santificato sia il tuo nome. Il tuo nome è "amore". Che l'amore sia santificato sulla terra, da tutti, in tutto il mondo. Che l'amore santifichi la terra, trasformi e trasfiguri questa storia di idoli feroci o indifferenti. Il tuo regno venga. Il tuo, quello dove i poveri sono principi e i bambini entrano per primi. E sia più bello di tutti i sogni, più intenso di tutte le lacrime di chi visse e morì nella notte per raggiungerlo. Continua ogni giorno a donarci il pane nostro quotidiano. Siamo qui, insieme, tutti quotidianamente dipendenti dal cielo. Donaci un pane che sia "nostro" e non solo "mio", pane condiviso, perché se uno è sazio e uno muore di fame, quello non è il tuo pane. E se il pane fragrante, che ci attende al centro della tavola, è troppo per noi, donaci buon seme per la nostra terra; e se un pane già pronto non è cosa da figli adulti, fornisci lievito buono per la dura pasta dei giorni. E togli da noi i nostri peccati. Gettali via, lontano dal cuore. Abbraccia la nostra fragilità e noi, come te, abbracceremo l'imperfezione e la fragilità di tutti. Non abbandonarci alla tentazione. Non lasciarci soli a salmodiare le nostre paure. Ma prendici per mano, e tiraci fuori da tutto ciò che fa male, da tutto ciò che pesa sul cuore e lo invecchia e lo stordisce. Padre che ami, mostraci che amare è difendere ogni vita dalla morte, da ogni tipo di morte.
Cena in piazza San Rocco a Vallà
Il 16 di agosto presso la piazza Francesco Maria Preti dietro la chiesa si terrà la “Cena in Piazza”. · Alle ore 19.00 Santa Messa presso la chiesa parrocchiale di Vallà in onore a San Rocco e a seguire processione verso il capitello del cimitero con benedizione e preghiera per i defunti. · Alle ore 20.00 cena insieme e a seguire presso il parco di Villa Cecconi “Giochi antichi e sempre nuovi” per ragazzi e famiglie. Vi aspettiamo numerosi. La cena sarà composta di antipasto (prosciutto, melone, sfoglia salata e verdure); piatto unico di spiedo e patate al forno; dolce e frutta; bevande. Il tutto con un contributo di € 15. Per prenotare la cena entro e non oltre l’ 11 agosto rivolgersi a: · Bar del NOI · da Rigon Lino 3895631078 · da Zatta Renata 3334477466. In caso di maltempo la cena si terrà presso le strutture della Sagra.
Quando le regole oscurano la legge di Dio
La straordinaria intelligenza comunicativa di Gesù: svela il cuore profondo inventandosi una storia semplice, che tutti possono capire, i professori come i bambini! Le parabole sono racconti che provengono dalla viva voce di Gesù, è come ascoltare il mormorio della sorgente, il momento iniziale, fresco, sorgivo del vangelo. Rappresentano la punta più alta e geniale, la più rifinita del suo linguaggio, non l'eccezione. Per lui parlare in parabole era la norma (Mc 4,33-34). Insegnava non per concetti, ma per immagini e racconti, che liberano e non costringono. Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico. Una delle storie più belle al mondo. Un uomo scendeva, e guai se ci fosse un aggettivo: giudeo o samaritano, giusto o ingiusto, ricco o povero, può essere perfino un disonesto, un brigante anche lui: è l'uomo, ogni uomo! Non sappiamo il suo nome, ma sappiamo il suo dolore: ferito, colpito, terrore e sangue, faccia a terra, da solo non ce la fa. È l'uomo, è un oceano di uomini, di poveri derubati, umiliati, bombardati, naufraghi in mare, sacche di umanità insanguinata per ogni continente. Il mondo intero scende da Gerusalemme a Gerico, sempre. Il sacerdote e il levita, i primi che passano, hanno davanti un dilemma: trasgredire la legge dell'ama il prossimo, oppure quella del sii puro, evitando il contatto col sangue. Scelgono la cosa più comoda e più facile: non toccare, non intervenire, aggirare l'uomo, e... restare puri. Esternamente, almeno. Mentre dentro il cuore si ammala. Toccano le cose di Dio nel tempio, e non toccano la creatura di Dio sulla strada. La loro è solo religione di facciata e non fede che accende la vita e le mani. Il messaggio è forte: gesti e oggetti religiosi, riti e regole “sacri” possono oscurare la legge di Dio, fingere la fede che non c'è, e usarla a piacimento. Può succedere anche a me, se baratto l'anima del vangelo, il suo fuoco, con piccole norme o gesti furbi. Chi fa emergere l'anima profonda, è un eretico, uno straniero, un samaritano in viaggio: lo vide, ne ebbe compassione, gli si fece vicino. Sono termini di una carica infinita, bellissima, che grondano umanità. La compassione vale più delle regole cultuali o liturgiche (del sacerdote e del levita); più di quelle dottrinali (il samaritano è un eretico); surclassa le leggi etniche (è uno straniero); ignora le distinzioni moralistiche: soccorro chi se lo merita, gli altri no. La divina compassione è così: incondizionata, asimmetrica, unilaterale. Al centro del Vangelo, una parabola; al centro della parabola, un uomo. E il sogno di un mondo nuovo che distende le sue ali ai primi tre gesti del buon samaritano: lo vide, ebbe compassione, si fece vicino.
Per il Signore ogni uomo viene prima delle sue idee
È la svolta decisiva del Vangelo di Luca. Il volto trasfigurato sul Tabor, il volto bello diventa il volto forte di Gesù, in cammino verso Gerusalemme. «E indurì il suo volto» è scritto letteralmente, lo rese forte, deciso, risoluto. Con il volto bello del Tabor termina la catechesi dell'ascolto: “ascoltate Lui” aveva detto la voce dalla nube, con il volto in cammino inizia la catechesi della sequela: “tu, seguimi”. E per dieci capitoli Luca racconterà il grande viaggio di Gesù verso la Croce. Il primo tratto del volto in cammino lo delinea dietro la storia di un villaggio di Samaria che rifiuta di accoglierlo. Allora Giacomo e Giovanni, i migliori, i più vicini, scelti a vedere il volto bello del Tabor: «Vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li bruci tutti?» C'è qui in gioco qualcosa di molto importante. Gesù spalanca le menti dei suoi amici: mostra che non ha nulla da spartire con chi invoca fuoco e fiamme sugli altri, fossero pure eretici o nemici, che Dio non si vendica mai. È l'icona della libertà, difende perfino quella di chi non la pensa come lui. Difende quel villaggio per difenderci tutti. Per lui l'uomo viene prima della sua fede, l'uomo conta più delle sue idee. È l'uomo, e guai se ci fosse un aggettivo: samaritano o giudeo, giusto o ingiusto; il suo obiettivo è l'uomo, ogni uomo (Turoldo). «Andiamo in un altro villaggio!». Ha il mondo davanti, Lui pellegrino senza frontiere, un mondo di incontri; alla svolta di ogni sentiero di Samaria c'è sempre una creatura da ascoltare, una casa cui augurare pace; ancora un cieco da guarire, un altro peccatore da perdonare, un cuore da fasciare, un povero cui annunciare che è il principe del Regno di Dio. Il volto in cammino fa trasparire la sua fiducia totale, indomabile nella creatura umana; se non qui, appena oltre, un cuore è pronto per il sogno di Dio. Nella seconda parte del vangelo entrano in scena tre personaggi che ci rappresentano tutti. Le volpi hanno tane, gli uccelli nidi, ma io non ho dove posare il capo. Eppure non era esattamente così. Gesù aveva cento case di amici e amiche felici di accoglierlo a condividere pane e sogni. Con la metafora delle volpi e degli uccelli traccia il ritratto della sua esistenza minacciata dall'istituzione, esposta. Chi vuole vivere tranquillo e in pace nel suo nido non potrà essere suo discepolo. Chi ha messo mano all'aratro… Un aratore è ciascun discepolo, chiamato a dissodare una minima porzione di terra, a non guardare sempre a se stesso ma ai grandi campi del mondo. Traccia un solco e nient'altro, forse perfino poco profondo, forse poco diritto, ma sa che poi passerà il Signore a seminare di vita i campi della vita.
Festa del corpus domini
La festa venne istituita nel 1246 in Belgio grazie alla visione mistica di una suora di Liegi, la beata Giuliana di Retìne. Poi, due anni dopo, papa Urbano IV la estese a tutta la cristianità dopo il miracolo eucaristico di Bolsena nel quale dall'ostia uscirono alcune gocce di sangue per testimoniare della reale presenza del Corpo di Cristo. Si festeggia il giovedì dopo la festa della Ss. Trinità anche se in alcuni Paesi come l'Italia è stata spostata alla domenica successiva.
Pellegrinaggio in Francia 26-31 agosto 2019
Una proposta che unisce aspetto spirituale e turistico per un ‘viaggio’ che aiuti a scoprire o a rianimare dimensioni della vita cristiana e comunitaria importanti per vivere la fede radicata nella storia e nel nostro tempo. Guida di don Armando Pasqualotto. Iscrizioni per ultimi posti disponibili con acconto € 100, saldo € 420 entro giugno ‘19, tutto in canonica a Riese.
Trinità, il mistero che abita dentro noi
Memoria emozionante della Trinità, dove il racconto di Dio diventa racconto dell'uomo. Dio non è in se stesso solitudine: esistere è coesistere, per Dio prima, e poi anche per l'essere umano. Vivere è convivere, nei cieli prima, e poi sulla terra. I dogmi allora fioriscono in un concentrato d'indicazioni vitali, di sapienza del vivere. Quando Gesù ha raccontato il mistero di Dio, ha scelto nomi di casa, di famiglia: abbà, padre... figlio, nomi che abbracciano, che si abbracciano. Spirito, ruhà, è un termine che avvolge e lega insieme ogni cosa come libero respiro di Dio, e mi assicura che ogni vita prende a respirare bene, allarga le sue ali, vive quando si sa accolta, presa in carico, abbracciata da altre vite. Abbà, Figlio e Spirito ci consegnano il segreto per ritornare pienamente umani: in principio a tutto c'è un legame, ed è un legame d'amore. Allora capisco che il grande progetto della Genesi: «facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza», significa «facciamolo a immagine della Trinità», a immagine di un legame d'amore, a somiglianza della comunione. La Trinità non è una dottrina esterna, è al di qua, è dentro, non al di là di me. Allora spirituale e reale coincidono, verità ed esistenza corrispondono. E questo mi regala un senso di armoniosa pace, di radice santa che unifica e fa respirare tutto ciò che vive. In principio c'è la relazione (G. Bachelard). «Quando verrà lo Spirito di verità, vi guiderà... parlerà... dirà... prenderà... annunzierà». Gesù impiega tutti verbi al futuro, a indicare l'energia di una strada che si apre, orizzonti inesplorati, un trascinamento in avanti della storia. Vi guiderà alla verità tutta intera: la verità è in-finita, «interminati spazi» (Leopardi), l'interezza della vita. E allora su questo sterminato esercito umano di incompiuti, di fragili, di incompresi, di innamorati delusi, di licenziati all'improvviso, di migranti in fuga, di sognatori che siamo noi, di questa immensa carovana, incamminata verso la vita, fa parte Uno che ci guida e che conosce la strada. Conosce anche le ferite interiori, che esistono in tutti e per sempre, e insegna a costruirci sopra anziché a nasconderle, perché possono marcire o fiorire, seppellire la persona o spingerla in avanti. La verità tutta intera di cui parla Gesù non consiste in concetti più precisi, ma in una sapienza del vivere custodita nell'umanità di Gesù, volto del Padre, respiro dello Spirito: una sapienza sulla nascita e sulla morte, sulla vita e sugli affetti, su me e sugli altri, sul dolore e sulla infinita pazienza di ricominciare, che ci viene consegnata come un presente, inciso di fessure, di feritoie di futuro.
Lo Spirito Santo? È Dio in libertà
Lo Spirito, il misterioso cuore del mondo, radice di ogni femminilità che è nel cosmo (Davide M. Montagna), vento sugli abissi e respiro al primo Adamo, è descritto in questo vangelo attraverso tre azioni: rimarrà con voi per sempre, vi insegnerà ogni cosa, vi ricorderà tutto quello che vi ho detto. Tre verbi gravidi di bellissimi significati profetici: “rimanere, insegnare e ricordare”. Rimanere, perché lo Spirito è già dato, è già qui, ha riempito la “camera alta” di Gerusalemme e la dimora intima del cuore. Nessuno è solo, in nessuno dei giorni. Se anche me ne andassi lontano da lui, lui non se ne andrà mai. Se lo dimenticassi, lui non mi dimenticherà. È un vento che non ci spinge in chiesa, ma ci spinge a diventare chiesa, tempio dove sta tutto Gesù. Insegnare ogni cosa: nuove sillabe divine e parole mai dette ancora, aprire uno spazio di conquiste e di scoperte. Sarà la memoria accesa di ciò che è accaduto “'in quei giorni irripetibili” quando la carne umana è stata la tenda di Dio, e insieme sarà la tua genialità, per risposte libere e inedite, per oggi e per domani. Letteralmente “insegnare” significa incidere un segno dentro, nell'intimità di ciascuno, e infatti con ali di fuoco/ ha inciso lo Spirito /come zolla il cuore (Davide M. Montagna). Ricordare: vuol dire riaccendere la memoria di quando passava e guariva la vita e diceva parole di cui non si vedeva il fondo; riportare al cuore gesti e parole di Gesù, perché siano caldi e fragranti, profumino come allora di passione e di libertà. Lo Spirito ci fa innamorare di un cristianesimo che sia visione, incantamento, fervore, poesia, perché "la fede senza stupore diventa grigia" (papa Francesco). Un dettaglio prezioso rivela una caratteristica di tutte e tre le azioni dello Spirito: rimarrà sempre con voi; insegnerà ogni cosa, ricorderà tutto. Sempre, ogni cosa, tutto, un sentore di pienezza, completezza, totalità, assoluto. Lo Spirito avvolge e penetra; nulla sfugge ai suoi raggi di fuoco, ne è riempita la terra (Sal 103), per sempre, per una azione che non cessa e non delude. E non esclude nessuno, non investe soltanto i profeti di un tempo, le gerarchie della Chiesa, o i grandi mistici pellegrini dell'assoluto. Incalza noi tutti, cercatori di tesori, cercatrici di perle, che ci sentiamo toccati al cuore dal fascino di Cristo e non finiamo mai di inseguirne le tracce. Che cos'è lo Spirito santo? È Dio in libertà. Che inventa, apre, fa cose che non t'aspetti. Che dà a Maria un figlio fuorilegge, a Elisabetta un figlio profeta. E a noi dona, per sempre, tutto ciò di cui abbiamo bisogno per diventare, come madri, dentro la vita donatori di vita.
Oratorio Poggiana
Anche questa estate sarebbe bello che l’oratorio fosse aperto alla sera (dal lunedì al venerdì) dalle 20.30 alle 22.30 per offrire ai bambini, ai ragazzi e alle famiglie uno spazio dove socializzare e giocare insieme. Siamo alla ricerca di genitori disponibili a fare sorveglianza una serata… se ci aiutiamo tutti il servizio non sarà gravoso, ma divertente. Confidiamo nella vostra sensibilità e, collaborando insieme, tutta la nostra comunità potrà vivere una bellissima esperienza di amicizia e fraternità. (comunicare disponibilità a Tamara 3331853193 Deborah 3474773103.) Grazie.
Sagra di San Giovanni a Vallà
Martedì 11/6: alle ore 19.00 Santa Messa per gli operatori pastorali della parrocchia di Poggiana e Vallà in chiesa parrocchiale a Vallà. A seguire Pizza e Porchetta per tutti presso le strutture della Sagra. Alle ore 21.00 festa delle famiglie con giochi antichi e nuovi. La festa è aperta a tutta la cittadinanza di Poggiana e Vallà.
Venerdì 14/6: ore 18.00 apertura stand gastronomico, ore 19.00 Santa Messa presso la chiesa parrocchiale, ore 20.00 cena famiglie dei bambini scuola dell’infanzia e apertura Pesca e vendita biglietti della lotteria. Alle ore 21.00 serata con Sempre festa.org.
Sabato 15/6: ore 18.00 apertura stand gastronomico, ore 20.00 apertura Pesca e vendita biglietti della lotteria. Alle ore 21.00 serata Country.
Domenica 16/6: ore 18.00 apertura stand gastronomico, ore 20.00 apertura Pesca e vendita biglietti della lotteria. Alle ore 21.00 serata con Favaro Band.
Venerdì 21/6: ore 18.00 apertura stand gastronomico, ore 20.00 apertura Pesca e vendita biglietti della lotteria. Alle ore 21.30 serata musicale con The Growing Trees.
Sabato 22/6: ore 18.00 apertura stand gastronomico, ore 20.00 apertura Pesca e vendita biglietti della lotteria. Alle ore 21.00 serata Latina caraibica. Domenica 23/6: ore 18.00 apertura stand gastronomico, ore 20.00 apertura Pesca e vendita biglietti della lotteria. Alle ore 21.00 serata musicale popolare con Sabrina e Athos.
Lunedì 24/6: ore 18.00 apertura stand gastronomico, alle ore 19.00 Santa Messa solenne in onore del nostro patrono e ore 20.00 apertura Pesca e vendita biglietti della lotteria. Alle ore 21.30 serata musicale con Diego in musica.
Festa della comunità
A tutti gli operatori parrocchiali di Vallà e Poggiana e a tutte le famiglie ricordo che martedì 11 giugno vivremo la tradizionale FESTA DELLA COMUNITA’. Vi aspetto in tanti alla Santa Messa alle ore 19.00 in chiesa a Vallà e alla cena con pizza e porchetta presso le strutture della Sagra. A seguire ci saranno giochi antichi e nuovi per grandi e piccini.