SITUAZIONE NEL CAMPO DI LIPA IN BOSNIA ERZEGOVINA
Per rispondere all’emergenza umanitaria che si è venuta a creare nei confronti dei migranti in Bosnia e Erzegovina, in particolare nel campo di Lipa (zona di Bihac – diocesi di Banja Luka), Caritas Italiana ha lanciato una campagna di raccolta fondi che sta consentendo di acquistare in loco le cose che, di volta in volta, servono alle 900 persone ancora bloccate a Lipa. Alla campagna stanno partecipando decine di Caritas diocesane italiane interessate, parrocchie, singoli cittadini, tra cui anche la Caritas Tarvisina.
I team di Caritas Italiana e di Ipsia-Acli vanno regolarmente a Lipa per monitorare la situazione e per distribuire il necessario. La situazione a Lipa continua ad essere molto critica. Anche se in modo fugace, al momento è stato risolto il problema del dormire: nei giorni scorsi l’esercito ha montato le tende militari riscaldate con dei cannoncini di aria calda, per cui almeno la gente di notte non congela. Ma per il resto è un caos totale: nei giorni scorsi la neve si è sciolta e ha cominciato a piovere andando a creare fango in tutto il campo con pozzanghere enormi, si faceva fatica a camminare in alcune zone (tra l’altro ha ripreso a nevicare). I bagni chimici che sono stati messi non sono utilizzabili e sono già in condizioni pessime. Continuano a mancare gli allacci idrici ed elettrici – non c’è dunque acqua corrente, docce, l’elettricità è solo fornita da qualche generatore. Gli ospiti del campo non hanno neanche un posto dove mangiare, quando la Croce Rossa distribuisce il cibo possono solo mangiare in piedi o dentro le tende, non c’è una sedia e un tavolo per mangiare tranquilli. L’illuminazione è molto carente, dalle 16.30 fino al mattino successivo restano al buio in mezzo alla montagna. La strada per arrivare a Lipa è poco più che un sentiero sterrato e a tratti paludoso che ghiaccia di notte, per cui è anche difficile arrivare su con i mezzi. Finora il team di Caritas e Ipsia-Acli ha acquistato e distribuito a Lipa vari camion di legna che serve ai migranti per scaldarsi, giacche a vento e abiti invernali, scarpe, cibo, acqua… insomma, si cerca di rispondere ai bisogni che giorno per giorno si presentano.
DUE GESTI CONCRETI DI SOLIDARIETA’ Come parrocchia desideriamo dare il nostro contributo. Quanti desiderano unirsi a questo gesto di solidarietà può servirsi della cesta della carità nella quale raccogliamo generi alimentari a lunga conservazione e prodotti per l’igiene e della cassetta al centro della chiesa nella quale raccogliamo offerte che invieremo attraverso la Caritas di Treviso.
Un “oltre” cui affidare la nostra speranza
All'inizio della vita pubblica Gesù attraversa i luoghi dove più forte pulsa la vita: il lavoro (barche, reti, lago), la preghiera e le assemblee (la sinagoga), il luogo dei sentimenti e dell'affettività (la casa di Simone). Gesù, liberato un uomo dal suo spirito malato, esce dalla sinagoga e “subito”, come incalzato da qualcosa, entra in casa di Simone e Andrea, dove “subito” (bella di nuovo l'urgenza, la pressione degli affetti) gli parlano della suocera con la febbre. Ospite inatteso, in una casa dove la responsabile dei servizi è malata, e l'ambiente non è pronto, non è stato preparato al meglio, probabilmente è in disordine. Grande maestro, Gesù, che non si preoccupa del disordine, di quanto di impreparato c'è in noi, di quel tanto di sporco, dell'aria un po' chiusa delle nostre vite. E anche lei, donna ormai anziana, non si vergogna di farsi vedere da un estraneo, malata e febbricitante: lui è venuto proprio per i malati. Gesù la prende per mano, la rialza, la “risuscita” e quella casa dalla vita bloccata si rianima, e la donna, senza riservarsi un tempo, “subito”, senza dire «ho bisogno di un attimo, devo sistemarmi, riprendermi» (A. Guida) si mette a servire, con il verbo degli angeli nel deserto. Noi siamo abituati a pensare la nostra vita spirituale come a un qualcosa che si svolge nel salotto buono, e noi ben vestiti e ordinati davanti a Dio. Crediamo che la realtà della vita nelle altre stanze, quella banale, quotidiana, accidentata, non sia adatta per Dio. E ci sbagliamo: Dio è innamorato di normalità. Cerca la nostra vita imperfetta per diventarvi lievito e sale e mano che solleva. Questo racconto di un miracolo dimesso, non vistoso, senza commenti da parte di Gesù, ci ispira a credere che il limite umano è lo spazio di Dio, il luogo dove atterra la sua potenza. Il seguito è energia: la casa si apre, anzi si espande, diventa grande al punto di poter accogliere, a sera, davanti alla soglia, tutti i malati di Cafarnao. La città intera è riunita sulla soglia tra la casa e la strada, tra la casa e la piazza. Gesù, polline di gesti e di parole, che ama porte aperte e tetti spalancati per dove entrano occhi e stelle, che ama il rischio del dolore, dell'amore, del vivere, lì guarisce. Quando era ancora buio, uscì in segreto e pregava. Simone lo rincorre, lo cerca, lo trova: «cosa fai qui? Sfruttiamo il successo, Cafarnao è ai tuoi piedi». E Gesù comincia a destrutturare le attese di Pietro, le nostre illusioni: andiamo altrove! Un altrove che non sappiamo; soltanto so di non essere arrivato, di non potermi accomodare; un “oltre” che ogni giorno un po' mi seduce e un po' mi impaurisce, ma al quale torno ad affidare ogni giorno la speranza.
Presentazione di Gesù al Tempio o “Candelora”
Cade il 2 febbraio, esattamente 40 giorni dopo il Natale. È la festa liturgica della Presentazione al Tempio di Gesù, raccontata dal vangelo di Luca (2,22-40), e popolarmente detta “candelora” perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo luce del mondo come viene chiamato il Bambino Gesù dal vecchio profeta Simeone: «I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele». La stessa frase, peraltro, è ripetuta nella preghiera di compieta che chiude la giornata. La festa delle luci ebbe origine in Oriente con il nome di “Ipapante”, cioé “Incontro”. Nel secolo VI si estese anche all'Occidente: da Roma, dove aveva carattere più penitenziale, alla Gallia con la solenne benedizione e processione delle candele che ha dato il nome alla festa: “candelora”, appunto. Questa festa chiude le celebrazioni natalizie e con la profezia di Simeone alla Vergine Maria («anche a te una spada trafiggerà l'anima») apre il cammino verso la Pasqua.
Sì, davvero il Signore è venuto a “rovinarci”
La gente si stupiva del suo insegnamento, come quando nel deserto del sempre uguale ci si imbatte nell’inaudito. Si stupiva, e l’ascolto si faceva disarmato. E il motivo: perché insegnava con autorità. Gesù è autorevole perché credibile, in lui messaggio e messaggero coincidono: dice ciò che è, ed è ciò che dice. Non recita un ruolo. Autorevole, alla lettera significa “che fa crescere”. Lui è accrescimento di vita, respiro grande, libero orizzonte. Non insegnava come gli scribi...Gli scribi sono intelligenti, hanno studiato, conoscono bene le Scritture, ma le ascoltano solo con la testa, in una lettura che non muove il cuore, non lo accende, non diventa pane e gesto. Molte volte anche noi siamo come degli scribi con noi stessi, ci basta accostare il Vangelo con la ragione, ci pare anche di averlo capito, spesso ci piace, ma l’esistenza non cambia. La fede non è sapere delle cose, ma farle diventare sangue e vita. Gesù insegnava come chi ha autorità. Il mondo ha un disperato bisogno di maestri autorevoli. Ma noi chi ascoltiamo? Scegliamoli con cura i nostri maestri e con umiltà, camminando al passo di chi è andato più avanti. Da chi imparare? Da chi ci aiuta a crescere in sapienza e grazia, cioè nella capacità di stupore infinito. Dobbiamo scegliere chi dona ali. I maestri veri non sono quelli che metteranno ulteriori lacci alla mia vita o nuovi pa-letti, ma quelli che mi daranno ulteriori ali, che mi permetteranno di trasformarle, le pettineranno, le allungheranno, le faranno forti. Mi daranno la capacità di volare (A. Potente). Nella sinagoga di Cafarnao ha luogo poi il primo miracolo. Un indemoniato sta pregando nella comunità, è un habituè del sabato. Ne aveva ascoltate di prediche... Si può passare tutta una vita andando ogni sabato in sinagoga, ogni domenica in chiesa, pregare e ascoltare la Parola, eppure mantenere dentro uno spirito malato, un’anima lontana che non si lascia raggiungere. Si può vivere tutta una vita come cristiani della domenica senza farsi mai toccare dalla Parola di Dio (G. Piccolo), senza che entri davvero a fare nuova la vita. Belle e coinvolgenti le due domande che seguono: Che c’entri con noi, Gesù, con la nostra vita quotidiana? Tu sei nel rito della domenica, stai in chiesa, o nell’alto dei cieli; ma cosa c’entri tu con la nostra vita di tutti i giorni? Vuoi sapere se credi? Se questo ti cambia la vita. Sei venuto a rovinarci? La risposta è “sì!”: è venuto a rovinare le spade che diventano falci; è la rovina delle lance che diventano aratri, delle dure conchiglie che imprigionava la perla. «Mia dolce rovina » (D. M. Turoldo), che rovini maschere e paure, e tutto ciò che rovina l’umano.
Chi lo segue sa che Dio dona tutto, riempie le reti
«Passando lungo il mare di Galilea» (il paesaggio d'acque del lago è l'ambiente naturale preferito da Gesù) «vide Simone e Andrea che gettavano le reti in mare». Pescatori che svolgono la loro attività quotidiana, ed è lì che il Maestro li incontra. Dio si incarna nella vita, al tempio preferisce il tempo, allo straordinario il piccolo. Come in tutta la Bibbia: Mosè e Davide sono incontrati mentre seguono le loro greggi al pascolo; Saul sta cercando le asine del padre; Eliseo ara la terra con sei paia di buoi, Levi è seduto allo sportello delle imposte... Nulla vi è di profano nell'amorosa fatica. E Gesù, il figlio del falegname, che si è sporcato le mani con suo padre, che sa riconoscere ogni albero dalle venature e dal profumo del legno, che si è fatto maturo e forte nella fatica quotidiana, lì ha incontrato l'esodo di Dio in cerca delle sue creature: «Dio si trova in qualche modo sulla punta della mia penna, del mio piccone, del mio pennello, del mio ago, del mio cuore, del mio pensiero» (Teilhard de Chardin). Venite dietro a me vi farò diventare pescatori di uomini. E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Neanche le recuperano, le mollano in acqua, e vanno, come Eliseo che brucia l'aratro nei solchi del campo... «in tutta la Bibbia le azioni dicono il cuore» (A. Guida). Gesù passa e mette in moto le vite. Dove sta la sua forza? Che cosa mancava ai quattro per convincerli a mollare tutto per un mestiere improbabile come pescare uomini? Partire dietro a quel giovane rabbi, senza neppure sapere dove li avrebbe condotti? Avevano il lavoro, una casa, una famiglia, la salute, la fede, tutto il necessario, eppure sentivano il morso di un'assenza: cos'è la vita? pescare, mangiare, dormire? E poi di nuovo pescare, mangiare, dormire. Tutto qua? Sapevano a memoria le rotte del lago. Gesù offre loro la rotta del mondo. Invece del piccolo cabotaggio dietro ai pesci, offre un'avventura dentro il cuore di Dio e dei figli. Mancava un sogno, e Gesù, guaritore dei sogni, regala il sogno di cieli nuovi e terra nuova. Gesù non spiega, loro non chiedono: e lasciati padre, barca, reti, compagni di lavoro andarono dietro a lui. Chi ha seguito il Nazareno, ha sperimentato che Dio riempie le reti, riempie la vita, moltiplica coraggio e fecondità. Che non ruba niente e dona tutto. Che «rinunciare per lui è uguale a fiorire» (M. Marcolini). Due coppie di fratelli silenziosi sono il primo nucleo della fraternità universale, il progetto di Gesù, che parlerà di Dio con il linguaggio di casa (abbà), che vorrà estendere a livello di umanità intera le relazioni familiari, che ha sperimentato così belle e generatrici: tutti figli, “fratelli tutti”.
PREGHIERA A SANT’ANTONIO ABATE
Glorio S. Antonio, esempio luminoso di penitenza e di fortezza cristiana, ardente di zelo per la salvezza delle anime e di carità per il bene del prossimo, Voi che otteneste da Dio la speciale virtù di liberare l'aria, la terra, il fuoco e gli animali da ogni morbo e da ogni malefica influenza, fate che con una santa vita imitiamo le vostre eroiche virtù e che anche quaggiù in terra sperimentiamo il vostro valevole patrocinio, ricevendo copiosissime le vostre benedizioni su tutto ciò che serve per la nostra alimentazione e pei nostri lavori, sui corpi e sulle anime nostre. Così sia..
DOMENICA DELLA PAROLA 24 GENNAIO
Con il Motu Proprio Aperuit illis (30 settembre 2019), papa Francesco ha stabilito che la III Domenica del Tempo Ordinario sia LA DOMENICA DELLA PAROLA DI DIO. Scrive il Papa: «Dedicare in modo particolare una domenica dell’Anno liturgico alla Parola di Dio consente, anzitutto, di far rivivere alla Chiesa il gesto del Risorto che apre anche per noi il tesoro della sua Parola perché possiamo essere nel mondo annunciatori di questa inesauribile ricchezza». E aggiunge: «Il giorno dedicato alla Bibbia vuole essere non “una volta all’anno”, ma una volta per tutto l’anno, perché abbiamo urgente necessità di diventare familiari e intimi della Sacra Scrittura e del Risorto, che non cessa di spezzare la Parola e il Pane nella comunità dei credenti». Il nostro vescovo Michele, poi, nella Lettera pastorale “Saldi nella fede” invita a dare il primo posto all’ascolto della Parola di Dio. Egli scrive: «In ogni attività ascoltiamo e diamo risposta all’appello che in essa il Signore Risorto e vivo ci rivolge, facendo risuonare la Parola di Dio, in particolare quella che in ogni dato momento ci viene donata dalla liturgia domenicale e delle feste. (…) Sarà questa una scuola per conoscere meglio il Signore Gesù Cristo e assieme a Lui per conoscere meglio noi stessi e il tempo che viviamo».
Domenica 24 gennaio alle ore 15.00 presso la chiesa di Vallà siamo tutti invitati ad un momento di ascolto della Parola e di preghiera. Verrà letto il Vangelo di Marco intervallato da dei canti. A questo incontro sono invitate le comunità di Vallà e di Poggiana.
Lo sguardo del Maestro è il primo annuncio
I personaggi del racconto: un Giovanni dagli occhi penetranti; due discepoli meravigliosi, che non se ne stanno comodi e appagati, all'ombra del più grande profeta del tempo, ma si incamminano per sentieri sconosciuti, dietro a un giovane rabbi di cui ignorano tutto, salvo un'immagine folgorante: ecco l'agnello di Dio! Un racconto che profuma di libertà e di coraggio, dove sono incastonate le prime parole di Gesù: che cosa cercate? Così lungo il fiume; così, tre anni dopo, nel giardino: donna, chi cerchi? Sempre lo stesso verbo, quello che ci definisce: noi siamo cercatori d'oro nati dal soffio dello Spirito (G. Vannucci). Cosa cercate? Il Maestro inizia ponendosi in ascolto, non vuole né imporsi né indottrinare, saranno i due ragazzi a dettare l'agenda. La domanda è come un amo da pesca calato in loro (la forma del punto di domanda ricorda quella di un amo rovesciato), che scende nell'intimo ad agganciare, a tirare alla luce cose nascoste. Gesù con questa domanda pone le sue mani sante nel tessuto profondo e vivo della persona, che è il desiderio: cosa desiderate davvero? qual è il vostro desiderio più forte? Parole che sono «come una mano che prende le viscere e ti fa partorire» (A. Merini): Gesù, maestro del desiderio, esegeta e interprete del cuore, domanda a ciascuno: quale fame fa viva la tua vita? dietro quale sogno cammini? E non chiede rinunce o sacrifici, non di immolarsi sull'altare del dovere, ma di rientrare in sé, ritornare al cuore (reditus ad cor, dei maestri spirituali), guardare a ciò che accade nello spazio vitale, custodire ciò che si muove e germoglia nell'intimo. Chiede a ciascuno, sono parole di san Bernardo, «accosta le labbra alla sorgente del cuore e bevi». Rabbì, dove dimori? Venite e vedrete. Il maestro ci mostra che l'annuncio cristiano, prima che di parole, è fatto di sguardi, testimonianze, esperienze, incontri, vicinanza. In una parola, vita. Ed è quello che Gesù è venuto a portare, non teorie ma vita in pienezza (Gv 10,10). E vanno con lui: la conversione è lasciare la sicurezza di ieri per il futuro aperto di Gesù; passare da Dio come dovere a Dio come desiderio e stupore. Milioni di persone vorrebbero, sognano di poter passare il resto della vita in pigiama, sul divano di casa. Forse questo il peggio che ci possa capitare: sentirci arrivati, restare immobili. All'opposto i due discepoli, quelli dei primi passi cristiani, sono stati formati, allenati, addestrati dal Battista, il profeta roccioso e selvatico, a non fermarsi, ad andare e ancora andare, a muovere in cerca dell'esodo di Dio, ancora più in là. Come loro, «felice l'uomo, beata la donna che ha sentieri nel cuore» (Salmo 83,6).
I progetti sostenuti da "infanzia missionaria"
Infanzia Missionaria sostiene circa 100 progetti all'anno - in Africa, Asia, America Latina - per aiutare i bambini e i giovani a svilupparsi pienamente. Questi progetti possono essere educativi, di accompagnamento, nel campo dell'assistenza o del sostegno psicologico.
L’ORFANOTROFIO DI GOUECKÉ Le due Suore "Serve di Maria Vergine Madre" si prendono cura di 50 bambini orfani di età compresa tra uno e sei anni. Spesso le madri sono morte durante il parto e questi bambini sono abbandonati dalle loro famiglie perché considerati colpevoli della morte della madre. Le suore li accolgono, li nutrono, li confortano, li sostengono e li fanno giocare.
IL FOYER DI SAMOÉ Le Suore "Serve di Maria Vergine Madre" si prendono cura di un centinaio di ragazze orfane o provenienti da famiglie povere. Anche le più giovani vanno a scuola. Purtroppo c'è solo un dormitorio con 3 bagni per tutte le ragazze. Qui sono nutrite, curate e possono ricevere un'educazione. Trovano un significato nella loro vita e sono sostenute spiritualmente e psicologicamente.
Siamo fili dell'unico arazzo dell'essere
(Gv 1,1-18) Un Vangelo che toglie il fiato, che impedisce piccoli pensieri e spalanca su di noi le porte dell'infinito e dell'eterno. Giovanni non inizia raccontando un episodio, ma componendo un poema, un volo d'aquila che proietta Gesù di Nazaret verso i confini del cosmo e del tempo. In principio era il Verbo... e il Verbo era Dio. In principio: prima parola della Bibbia. Non solo un lontano cominciamento temporale, ma architettura profonda delle cose, forma e senso delle creature: «Nel principio e nel profondo, nel tempo e fuori del tempo, tu, o Verbo di Dio, sei e sarai anima e vita di ciò che esiste» (G. Vannucci). Un avvio di Vangelo grandioso che poi plana fra le tende dello sterminato accampamento umano: e venne ad abitare in mezzo a noi. Poi Giovanni apre di nuovo le ali e si lancia verso l'origine delle cose che sono: tutto è stato fatto per mezzo di Lui. Nulla di nulla, senza di lui. «In principio», «tutto», «nulla», «Dio», parole assolute, che ci mettono in rapporto con la totalità e con l'eternità, con Dio e con tutte le creature del cosmo, tutti connessi insieme, nell'unico meraviglioso arazzo dell'essere. Senza di lui, nulla di nulla. Non solo gli esseri umani, ma il filo d'erba e la pietra e il passero intirizzito sul ramo, tutto riceve senso ed è plasmato da lui, suo messaggio e sua carezza, sua lettera d'amore. In lui era la vita. Cristo non è venuto a portarci un sistema di pensiero o una nuova teoria religiosa, ci ha comunicato vita, e ha acceso in noi il desiderio di ulteriore più grande vita: «Sono venuto perché abbiano la vita, e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). E la vita era la luce degli uomini. Cerchi luce? Contempla la vita: è una grande parabola intrisa d'ombra e di luce, imbevuta di Dio. Il Vangelo ci insegna a sorprendere perfino nelle pozzanghere della vita il riflesso del cielo, a intuire gli ultimi tempi già in un piccolo germoglio di fico a primavera. Cerchi luce? Ama la vita, amala come l'ama Dio, con i suoi turbini e le sue tempeste, ma anche con il suo sole e le sue primule appena nate. Sii amico e abbine cura, perché è la tenda immensa del Verbo, le vene per le quali scorre nel mondo. A quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio. L'abbiamo sentito dire così tante volte, che non ci pensiamo più. Ma cosa significhi l'ha spiegato benissimo papa Francesco nell'omelia di Natale: «Dio viene nel mondo come figlio per renderci figli. Oggi Dio ci meraviglia. Dice a ciascuno di noi: tu sei una meraviglia». Non sei inadeguato, non sei sbagliato; no, sei figlio di Dio. Sentirsi figlio vuol dire sentire la sua voce che ti sussurra nel cuore: “tu sei una meraviglia”! Figlio diventi quando spingi gli altri alla vita, come fa Dio. E la domanda ultima sarà: dopo di te, dove sei passato, è rimasta più vita o meno vita? (Ermes Ronchi/Avvenire.it)
Messe via streaming nel periodo festivo
Si infoma che la s. messa di
giovedì 31 alle ore 20.00
e quella dell'Epifania del 6 gennaio alle ore 9.00
potranno essere seguite da casa collegandosi al canale youtube delle Parrocchie di Poggiana e Vallà.
Giovanni Battista il testimone della luce
Venne Giovanni mandato da Dio, venne come testimone, per rendere testimonianza alla luce. A una cosa sola: alla luce, all'a- mica luce che per ore e ore accarezza le cose, e non si stanca. Non quella infinita, lontana luce che abita nei cieli dei cieli, ma quella ordinaria, luce di terra, che illumina ogni uomo e ogni storia. Giovanni è il “martire” della luce, testimone che l'avvici- narsi di Dio trasfigura, è come una manciata di luce gettata in faccia al mondo, non per abbagliare, ma per risvegliare le for- me, i colori e la bellezza delle cose, per allargare l'orizzonte. Testimone che la pietra angolare su cui poggia la storia non è il peccato ma la grazia, non il fango ma un raggio di sole, che non cede mai. Ad ogni credente è affidata la stessa profezia del Battista: annunciare non il degrado, lo sfascio, il marcio che ci minaccia, ma occhi che vedono Dio camminare in mezzo a noi, sandali da pellegrino e cuore di luce: in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete.
Sacerdoti e leviti sono scesi da Gerusalemme al Giordano, una commissione d'inchiesta istituzionale, venuta non per capire ma per coglierlo in fallo: Tu chi credi di essere? Elia? Il profeta che
tutti aspettano? Chi sei? Perché battezzi? Sei domande sempre più incalzanti. Ad esse Giovanni risponde "no", per tre volte, lo fa con risposte sempre più brevi: anziché replicare "io sono" preferisce dire "io non sono". Si toglie di dosso immagini gratificanti, prestigiose, che forse sono perfino pronti a riconoscergli. Locuste, miele selvatico, una pelle di cammello, quell'uomo roccioso e selvatico, di poche parole, non vanta nessun merito, è l'esatto contrario di un pallone gonfia- to, come capita così di frequente sulle nostre scene. Risponde non per addizione di meriti, titoli, compe- tenze, ma per sottrazione: e ci indica così il cammino verso l'essenziale. Non si è profeti per accumulo, ma per spoliazione. Io sono voce, parlo parole non mie, che vengono da prima di me, che vanno oltre me. Testimone di un altro sole. La mia identità sta dalle parti di Dio, dalle parti delle mie sorgenti. Se Dio non è, io non sono, vivo di ogni parola che esce dalla sua bocca. La voce rigorosa del profeta ci denuda: Io non sono il mio ruolo o la mia immagine. Non sono ciò che gli altri dicono di me. Ciò che mi fa umano è il divino in me; lo specifico dell'umanità è la divinità. La vita viene da un Altro, scorre nella persona, come acqua nel letto di un ruscello. Io non sono quell'acqua, ma senza di essa io non sono più. «Chi sei tu?». Io cerco l'elemosina di una voce che mi dica chi sono veramente. Un giorno Gesù darà la risposta, e sarà la più bella: Voi siete luce! Luce del mondo.
La Madonna è la radice di carne del Vangelo
In apertura, un elenco di sette nomi affolla la pagina: Gabriele, Dio, Galilea, Nazaret, Giuseppe, Davide, Maria. Sette, il numero appunto della totalità, perché ciò che sta per accadere coinvolgerà tutta la storia, le profondità del cielo e tutto il brulichio perenne della vita. Un Vangelo controcorrente: per la prima volta nella Bibbia un angelo si rivolge a una donna; in una casa qualunque e non nel santuario; nella sua cucina e non fra i candelabri d'oro del tempio. In un giorno ordinario, segnato però sul calendario della vita (nel sesto mese...). Gioia è la prima parola: rallegrati! Vangelo nel Vangelo! E subito ecco il perché: Maria, sei piena di grazia. Sei riempita di cielo, non perché hai risposto “sì” a Dio, ma perché Dio per primo ha detto “sì” a te. E dice “sì” a ciascuno di noi, prima di ogni nostra risposta. Perché la grazia sia grazia e non merito o calcolo. Dio non si merita, si accoglie. L'Altissimo si è innamorato di te e ora il tuo nome è: amata per sempre; come lei anch'io amato per sempre. Tutti, teneramente, gratuitamente amati per sempre. Amore è passione di unirsi: il Signore è con te. Espressione che avrebbe dovuto mettere in guardia la ragazza, perché quando si esprime così Dio sta affidando un compito bellissimo ma arduo (R. Virgili): chiama Maria a una storia di brividi e di coraggio. Maria, avrai un figlio, tuo e di Dio, un figlio di terra e di cielo. Gli darai nome Gesù (prima volta: solo il padre aveva il potere di dare il nome). E la ragazza, pronta, intelligente e matura, dopo il primo turbamento non ha paura, dialoga, obietta, argomenta. Sta davanti a Dio con tutta la dignità di donna, con maturità e consapevolezza, pone domande: spiegami, dimmi come avverrà. Zaccaria ha chiesto un segno, Maria chiede il senso e il come. E l'angelo: viene l'infinito nel tuo sangue, l'immenso diventa piccolo in te, che importa il come? La luce che ha generato gli universi si aggrappa al buio del tuo grembo. Che importa come avverrà? E tuttavia Gabriele si ferma a spiegare l'inspiegabile, a rassicurarla: parla di Spirito sulle acque come all'origine, di ombra sulla tenda come al Sinai, la invita a pensare in grande, più in grande che può: fìdati, sarà Lui a trovare il come. L'ha trovato anche per Elisabetta. Lo sentirai nel tuo corpo, come lei. Lo Spirito poteva scegliere altre strade, certo, ma senza il corpo di Maria il Vangelo perde corpo, diventa ideologia o etica. Adesso ancora Dio cerca madri. Sta a noi, come madri amorevoli, aiutare il Signore a incarnarsi in questo mondo, in queste case e strade, prendendoci cura della sua parola, dei suoi sogni, del suo vangelo. Dio vivrà per il nostro amore.
Preghiera a Maria Immacolata
O Vergine Immacolata, primo e soave frutto di salvezza, noi ti ammiriamo e con Te celebriamo le grandezze del Signore che ha fatto in Te mirabili prodigi.
Guardando Te, noi possiamo capire ed apprezzare l’opera sublime della Redenzione e possiamo vedere nel loro risultato esemplare le ricchezze infinite che Cristo, con il Suo Sangue, ci ha donato.
Aiutaci, o Maria, ad essere, come Te, salvatori insieme con Gesù di tutti i nostri fratelli.
Aiutaci a portare agli altri il dono ricevuto, ad essere “segni” di Cristo sulle strade di questo nostro mondo assetato di verità e di gloria, bisognoso di redenzione e di salvezza.
Amen.